2046

Cinema

Serate in forma di Cinema

Francia/Hong Kong, 2004
durata: 120'
genere: fantascienza, drammatico, romantico
regia: Wong Kar-Wai
attori: Tony Leung Chiu Wai (Chow Mo Wan); Gong Li (Su Li Zhen); Faye Wong (Wang Jing Wen/Wjw 1967); Kimura Takuya (Tak); Zhang Ziyi (Bai Ling); Carina Lau (Lulu/Mimi); Chang Chen (Cc1966); Maggie Cheung (Slz1960)
sceneggiatura: Wong Kar-Wai
fotografia: Christopher Doyle, Kwan Pun Leung, Lai Yiu-Fai
musiche: Peer Raben, Umebayashi Shigeru
montaggio: William Chang Suk Ping
scenografia: William Chang Suk Ping
effetti: Buf Compagnie
costumi: William Chang, Silvia Nebiolo

Era uno scrittore. Pensava di aver raccontato il futuro, in realtà era il passato. Nel suo romanzo un treno partiva una volta ogni tanto per una destinazione misteriosa: 2046. Chiunque viaggiasse verso 2046 voleva riconquistare i ricordi perduti. Era un paese, una data o un luogo della memoria? Si diceva che laggiù tutto rimanesse immutato. Una supposizione, perché nessuno era mai tornato indietro. Con un'eccezione. Lui era là. Scelse di andarsene. Voleva cambiare.

«2046 come ogni opera in progress è un oggetto fluido e inafferrabile, affascinante e labirintico almeno quanto la storia che racconta muovendosi fra passato e presente, realtà e immaginazione, come può fare solo un film aperto e contraddittorio per natura. È il seguito di In the mood for love (anzi uno dei possibili seguiti), ma non lo è davvero perché Tony Leung riprende il suo personaggio, ma Maggie Cheung appare pochi secondi e al suo posto c'è Gong Li. Si intitola 2046 ma la fantascienza non c'entra, 2046 è la stanza della locanda-bordello di Hong Kong nel quale Tony Leung vive, scrive, ricorda, si disperde in mille possibili amori senza mai (voler) vivere un amore vero. Più che un racconto è un viaggio, dice l'autore, ma un viaggio che non conduce in nessun luogo. Un itinerario tutto mentale dentro ai labirinti del corpo, del desiderio, della memoria, che potrebbero anche essere tre nomi di una cosa sola, una medesima tensione verso quanto resta sempre al di là della nostra portata. Chi ricorda In the mood for love ritroverà il gusto squisito, le atmosfere struggenti, i tagli visivi e musicali di Wong Kar-Wai, regista che, al culmine del successo (e del potere), prova, osa, esperimenta». (Fabio Ferzetti, “Il Messaggero”, 22 maggio 2004)
PRESENTATO IN CONCORSO AL 57° FESTIVAL DI CANNES (2004)

Un piglio morbido e penetrante. Il movimento sinuoso del corpo. L’armonia sottile dei colori. Una curva dei capelli, la raffinatezza di una caviglia, il vermiglio di un rossetto. Una sofisticata e intellettualistica architettura erotica contraddistingue la maggioranza delle immagini del cinema di Wong Kar-Wai, cineasta tra i più significativi degli ultimi dieci anni nell’ambito della produzione internazionale.
Il suo mondo espressivo è popolato da donne dal passo felpato e dal sorriso enigmatico, dai sentimenti oscuri e dalla sensualità felina, dalle mani affusolate e dalla vitalità irrazionale ma il suo sguardo non è semplicemente voyeuristico e il suo approccio non è esclusivamente feticistico. L’autore di In the Mood for Love è un intelligente costruttore di storie d’amore, storie nelle quali la tensione erotica fa parte di una concezione della vita profonda e drammaticamente sentita. La sua, dunque, è una poetica nella quale il tema dell’attrazione sessuale non è mai separato dal concetto di innamoramento.
Ogni amore nel cinema di Wong Kar-Wai determina una sorta di perdita di coscienza, di ingresso in un labirinto inestricabile di sensazioni, di alterazione dell’io che provoca una vigorosa tendenza all’introspezione, all’analisi psicologica. In tal senso, 2046 è un’opera che raccoglie perfettamente un complesso percorso poetico (individuale) che aveva già trovato il suo vertice stilistico proprio nel fortunato In the Mood for Love. Con quest’ultima prova, tale percorso, ha finito per generare una sorta di codice che non mancherà, ovviamente, di far nascere allievi consapevoli e inconsapevoli.

2046 è stato presentato all’ultimo Festival di Cannes. Sulla croisette è stato accolto dai "fedelissimi" come l’ennesimo capolavoro del maestro di Hong Kong (nativo di Shangai), mentre altri hanno individuato dei punti criticabili.
Se proprio dobbiamo evidenziare fattori deboli di questa pellicola non possiamo far altro che indicare nella sceneggiatura una sostanziale ripetitività. Si ha l’impressione che l’autore, in alcuni tratti, si sia "incartato", raggomitolandosi in un tessuto narrativo fin troppo intrecciato. A sua discolpa va anche evidenziato come la lavorazione di questo lungometraggio sia stata difficile e tormentata, con sospensioni causate dalla Sars e problemi produttivi a ripetizione.

Tutto ruota appunto al numero 2046 che è contemporaneamente la data in cui Hong Kong tornerà definitivamente alla Cina (dal punto di vista del gestione politico-economica), il numero della stanza di albergo dove risiede una delle protagoniste del film e la data di ambientazione di un romanzo di fantascienza che sta scrivendo il personaggio centrale della vicenda. Si tratta di un groviglio metaforico che non rappresenta certamente il cardine di questa operazione artistica. Le fondamenta di questo lavoro trovano appoggio nella sublime capacità da parte del regista di raccontare l’ossessione erotico/amorosa e il desiderio carnale attraverso una visione estetizzante delle figure femminili, e conseguentemente del mondo.
Come al solito ogni inquadratura è studiata nei minimi dettagli, così come i raccordi montaggio appaiono sempre estremamente fluidi. Proprio questa caratterista contribuisce a rendere il ritmo squisitamente musicale. La storia, infatti, si evolve grazie ad una sorta di melodia visuale dai toni vellutati e delicati, melodia che avvolge e inebria il fruitore..
Tra gli interpreti, l’attore feticcio di Wong Kar Wai, Tony Leung (già protagonista di In the Mood for Love), e quattro strepitose e sensuali attrici come Gong Li, Zhang Ziyi, Faye Wong, Maggie Cheung.
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