A perdifiato: ritratto in piedi di Tina Merlin
In occasione della Festa della Donna anteprima nazionale dello spettacolo teatrale A perdifiato: ritratto in piedi di Tina Merlin
Il modo di raccontare comunica non solo il contenuto della storia, ma anche lesperienza stessa di chi narra, e della sua soggettività: essere uomo o essere donna dà una voce diversa al racconto della storia e degli eventi.
Ogni frammento della vita che ci viene narrato aiuta a costruire il nostro mondo, diventa un sapere che fa parte di noi.
Aggiungiamo dunque unaltra storia alla nostra esperienza, che ci viene da Tina Merlin: una donna, una voce libera.
Iva Berasi Donata Loss
A perdifiato: ritratto in piedi di Tina Merlin
di Patricia Zanco
regia di Daniela Mattiuzzi
drammaturgia di L. Scarlini e D. Mattiuzzi
video di Carloni e Franceschetti
luci di Dedalo Furioso
Il lavoro è ispirato al libro autobiografico di Tina Merlin La casa sulla Montagna. Scrive Patrica Zanco: La mia riflessione parte da questo romanzo autobiografico che Tina Merlin aveva pensato e costruito negli anni Sessanta. Già madre, moglie, giornalista, la Merlin si ferma e guarda indietro per tornare alle sue origini, al punto di partenza del proprio processo di formazione. Un ritorno agli elementi attraverso i quali ha preso forma la sua personalità e che hanno costruito la base culturale e sociale della donna che è diventata.
Tina Merlin è un nome ormai noto nella cronaca italiana postbellica, in specie per Sulla pelle viva, lentamente diventato un longseller, da lei dedicato alla tragedia del Vajont, di cui è stata cronista e storica appassionata ed efficacissima. A perdifiato ripercorre, in un varietà di forme e stili, un percorso biografico complesso, dall'infanzia sulle montagne del bellunese alla Resistenza, fino all'impegno nella società ed al lavoro nel giornalismo, che la vide a lungo attiva sulle pagine de "L'Unità". La narrazione, invalsa come modus operandi sulla scena italiana negli anni recenti, viene qui affrontata con una diversificazione estrema dei modelli di racconto, alla ricerca, in primo luogo, del vero fil rouge dell'esistenza del personaggio storico: quell'amore fortissimo e razionale a un tempo per la natura, nato dai ritmi "biologici" della vita contadina e che è poi, sempre e comunque, il pensiero più forte e determinante, che esso si applichi alla rivisitazione di memorie storiche o a drastiche prese di posizione, in termini esplicitamente ecologici, di cui sono testimonianza numerosissimi articoli sull'amato paesaggio veneto violato per sempre e irreparabilmente dall'industrializzazione selvaggia. Tre ante, quindi, per altrettante immagini di un trittico: nella prima c'è un riferimento più esplicito alla sua opera autobiografica, La casa sulla Marteniga, ripercorsa negli elementi salienti di un vero e proprio "romanzo di formazione", che passa attraverso esperienze diverse, dal durissimo apprendistato dell'andare a servizio a Milano, alla presa di coscienza politica che si accompagna alla scelta di divenire staffetta partigiana, intrecciandosi in modo inestricabile alla presenza degli affetti familiari.
La sezione centrale cambia completamente stile ed è l'esplorazione di un altro luogo, dove i fili di un prima e di un dopo s'incontrano e qualcosa può cambiare, un corpo a corpo tra immagine-video, musica, parola e azione. Una perdita d'equilibrio del discorso o una metamorfosi dove la donna Tina lascia la sua impronta. - Il terzo episodio, infine, racconta per scorcio gli esiti di ciò che accadde sul Vajont, ma dall'angolazione particolare e sovente insensata (oltreché decisamente da black comedy) di un salotto a Cortina, in cui Maretta Marotti, ineffabile reginetta dei salotti, commenta dall'alto della sua scriteriata visione del mondo e della sua postazione d'osservazione alpina, ciò che accade, finché la voce della protagonista non riprende infine il sopravvento, siglando la conclusione del percorso.
C'è una forza vitale che percorre tutta la vita e l'opera di Tina Merlin ed è stata il centro del nostro lavoro, è forza che arriva diritta al cuore e fa luce. A partire dall'intreccio che la tiene unita alla vita di un'altra donna, sua madre segnata da un destino crudele e rassegnata, comincia il racconto.
Srotolando il filo si apre un disegno che diventa poesia, luce, parola, possibilità ...
Riemerge un'antica oralità, una sapienza femminile distillata lungo i secoli e sedimentata in ogni gesto. Un opera di civiltà che per millenni le nostre madri hanno compiuto per rendere abitabili le case e per rendere più umana la vita.
Luca Scarlini Daniela Mattiuzzi
organizzazione: P.A.T. Assessorato all'emigrazione, solidarietà internazionale, sport e pari opportunità - Comune di Rovereto Assessorato all'università, formazione ed educazione permanente