Adi 6 novembrio Me F. B. scrise qui

Mostra

Il Parco in tasca. Estate 2012

Adi 6 novembrio Me F. B. scrise qui
La montagna come ambiente scritto Vagabondaggi

Titolo e sottotitolo della mostra, per quanto altamente comprensibili, hanno bisogno di una spiegazione. La citazione (Adi 6 novembrio) è ripresa dai tanti graffiti che si stendono sulle pareti affrescate delle nostre chiesette di montagna, sottoscrizioni devote, segni di un adempimento religioso e che, insieme, formano una sorta di archivio della memoria graffiata.

Ma rimanda (la stessa citazione) anche alla presenza insistita della scrittura esposta all'interno e all'esterno delle abitazioni, delle chiese, sulle rocce con la funzione di marcare il territorio, di riscattarlo al predominio della natura.

In altre parole, la mostra intende documentare il processo di diffusione della scrittura che ha trasformato, nel tempo, anche il Trentino rurale ed alpino in un ambiente scritto, segnato da un articolato sistema di segni di natura assai varia: immagini, elementi simbolici e religiosi, marchi, cifre, iscrizioni epigrafiche.

La mostra, inoltre, che non prende in considerazione l'ambiente urbano, assume la forma di un vagabondaggio in un territorio che è reale (le valli trentine a partire da quelle del Cismon e del Vanoi) ed insieme metaforico: quello di una cultura scritta in espansione.

Un vagabondaggio che incrocia tipologie di scrittura, funzioni, usi sociali, tecniche e materiali diversi. Esplora forme di scrittura, colte e popolari, esposte alla pubblica lettura, incise da artigiani specializzati (nel caso delle lapidi) o realizzate dalla mano degli scriventi comuni: intagliate nelle pietre, sul tronco degli alberi, sulle pareti e sugli affreschi delle chiese, sui capitelli; sulla porta, sugli stipiti, sull'architrave, sull'intonaco della casa rurale.

Sono nomi, date, acronimi, invocazioni devote, memorie, frammenti di canzoni, insulti, messaggi d'amore, note diaristiche, conteggi. L'articolazione.

La mostra è divisa in sei sezioni. Inizia dall'epigrafia del ricordo, con le scritture d'apparato: lapidi commemorative (funebri, religiose e laiche); iscrizioni religiose. Testi solenni, a volte scritti in latino, impaginati in modo da diventare anche messaggi visivi, modelli grafici da ricopiare e da esportare in contesti popolari.
Continua con le immagini sacre, che uscite di chiesa, portano con sé (sulle parete esterne delle case) il nome del committente, i motivi della realizzazione, i nomi dei santi, una giaculatoria, un'invocazione devota. Le scritte a pennello rivelano un'apprendimento informale e faticoso: sono scritte rubate all'epigrafia funebre, ai cartigli dipinti nelle chiese, ai frontespizi dei catechismi e dei libri di preghiere.
E poi, come si è anticipato, le pareti affrescate delle cappelle e dei capitelli collocati lungo vie di pellegrinaggio o in luoghi di particolare e tradizionale devozione, mettono in mostra graffi di storia: i nomi di uomini che lungo i secoli hanno lasciato un segno della loro esistenza terrena. Generazioni.

La quarta sezione è dedicata alle scritture della casa, delle case di montagna, i masi, le baite (le casère, i tabiàdi) che diventano per gran parte dell'anno i luoghi dell'abitare e mostrano i segni del vissuto culturale e religioso della famiglia. Sulla soglia già troviamo le iscrizioni incise nel legno: sulla facciata inferiore della trave di colmo o sull'architrave delle porte dei fienili. Le iscrizioni fanno parte dei riti della soglia: assumono, insieme alle formule e ai simboli religiosi, un valore protettivo.
Dentro la casa ritroviamo altre iscrizioni, altre scritte, altri acronimi: oggetti di legno d'uso comune ma decorati e scolpiti a punta di coltello mettono in mostra date, iniziali, formule devozionali, massime religiose, dediche. Gli arazzi ricamati appesi perlopiù nella cucina, espongono scritte a loro modo sapienziali, prodotte dalle stesse donne che sviluppano con loro un doppio legame, in quanto scriventi e in quanto oggetto del contenuto ammonitore ed educativo. Quando non ricoprono una originale funzione di ricordo dei defunti. Ma le case e le baite offrono anche il supporto per testi più distesi, non solo religiosi.
E qui siamo alla quinta sezione. Osservando in modo ravvicinato le travi delle baite o la porta dei tabiadi non di rado scorgiamo gli appunti di una scrittura diaristica che si svolge anche all'interno sugli stipiti e sulla travatura del tetto. Quelle scritte sono documenti della conquista dell'alfabeto, di un suo uso quotidiano e non magniloquente: sono appunti, conteggi, resoconti del lavoro fatto e da fare lì in montagna. Dentro e fuori la casa troviamo, inoltre, le tracce dell'irruzione della storia nel quotidiano, i segni di piccoli e grandi eventi separatori: il servizio militare, l'emigrazione, la Grande Guerra.
Ed ecco infine (sesta e ultima sezione) le scritture dei pastori. Con loro troviamo l'ambiente naturale: i sassi e le rocce sulle quali si scrive con una punta metallica, con un legno carbonizzato o intinto in misture particolari. I protagonisti di questo scrivere sono i pastori, il paesaggio è quello dell'alpeggio, la funzione quella di marcare il territorio, lasciare traccia di sé, sanare la solitudine e la nostalgia.
Sono brevi acronimi come quelli che appaiono lungo il sentiero che porta dal Passo Rolle ai laghetti di Colbricon, lettere alfabetiche faticosamente incise sui sassi. O scritte a matita più articolate come come quelle che si trovano sulle pietre lisce delle Rocchette. Il caso delle scritte della Val Averta e della Val Bonetta (in Val di Fiemme) è del tutto particolare. La presenza in loco di un'ocra rossa a base di ossido di ferro che impastata con latte di pecora si trasforma in una tinta durevole nel tempo ha offerto la possibilità di scrivere con buoni esiti anche estetici.
La mostra nasce ed è sorretta dalla ricerca di Quinto Antonelli, W.A.B.L. Epigrafia popolare alpina, pubblicata nei Quaderni del Parco


organizzazione: Parco Naturale Paneveggio Pale di S. Martino