Alpi sottosopra

Panorami montani del ventunesimo secolo

Incontri e convegni , Convegno

Incontro dibattito con Cristian Arnoldi autore di Tristi montagne. Guida ai malesseri alpini, lavoro che ha avuto l’importante funzione di dare un’immagine realistica delle persone e delle comunità che abitano le Alpi.

Introduce Massimo Libardi

Partendo dalle statistiche che descrivono una “triste montagna” fatta di suicidi, alcolismo endemico, depressioni e altri disagi talvolta nascosti, Arnoldi ha messo in luce il contrasto fra le immagini patinate delle Alpi e un vissuto montanaro tutt'altro che edulcorato. 

Ha soprattutto evidenziato i conflitti culturali che caratterizzano lo spazio alpino: il conflitto fra città e montagna, tradizione e musealizzazione, fantasia e disincanto, alta e bassa stagione, ambiente ostico promozione bucolica.

Messe una dopo l’altra, queste cronache costituiscono la guida a una montagna fatta di angosce e solitudini maturate per lo più dentro le mura domestiche e sepolte come segreti inconfessabili dentro i confini delle comunità e dei villaggi, mentre intorno frotte di villeggianti inseguono divertimenti, svaghi, relax, serenità e benessere.

Questo lato segreto e oscuro delle Alpi, troppo spesso taciuto – che contrasta con l’amenità dei prati e dei boschi, la graziosità dei villaggi, la timidezza dei montanari – svela l’estrema ambiguità e complessità della realtà alpina contemporanea, là dove si rileva l’esistenza di una struttura antropologica profonda che è l’intermittenza esistenziale, generatrice inarrestabile di tragici spaesamenti”

Ha scritto Giovanni Kezich, direttore del Museo degli usi e costumi della gente trentina: “La montagna, come luogo ideale, come coacervo complesso di attributi e di valori, è stata ‘immaginata’ ovvero costruita artificialmente ad opera dei ceti intellettuali cittadini quale scenario proprio dei valori che le sarebbero stati assegnati un po’ come si assegna una parte in una pantomima di paese: a te un cappello a larga falda, magari con la piuma o la penna, una pipa, l’alpenstock e sarai ‘il montanaro’ – eroe culturale portatore di valori sani, complice austero e benevolo del desiderio di schiere di cittadini di adire periodicamente alla montagna per tornare alle origini, rigenerarsi, ripulirsi, ritrovare se stessi...”.

Questa visione che destruttura l’immagine mitica della montagna felice e affronta i malesseri esistenziali dell’arco alpino, che mostra i doppi valori della montagna e della pianura non sempre coniugabili, è assolutamente necessaria se si vuole affrontare lucidamente, senza visioni preconcette il mondo della montagna e dei montanari del Ventunesimo secolo.
La colonizzazione metropolitana della montagna, iniziata attorno al Diciottesimo secolo con l’incontro tra cittadini, vette e montanari, ha trasformato le Alpi in uno dei più interessanti e contraddittori “iperluoghi” della modernità. Le valli, ormai da qualche decennio, si presentano come un territorio stratificato all’interno del quale convivono spazi molteplici, modalità di interazioni plurime, “realtà” differenti e interconnesse. Le dimensioni più evidenti sono: lo spazio delle comunità locali, il villaggio vacanze e lo spazio museo. In altri termini la montagna oggi è un luogo abitato da innumerevoli comunità, più o meno vitali, con regole, visioni del territorio, immaginari, ritmi e lingue specifiche; al tempo stesso è spazio di accoglienza, di ricerca di benessere, meta del relax, del divertimento e dello svago, degli sport estremi e dell’avventura. È anche il luogo della nostalgia, dell’esotico, del pittoresco, del bisogno di tradizione, della memoria, così come quello della natura selvaggia e dei parchi, cioè della natura da proteggere.
Questa stratificazione di spazi esistenziali permette alle Alpi di attrarre e di accogliere le più disparate richieste di riconoscimento e le più diverse aspirazioni identitarie; e di proporre agli abitanti e ai frequentatori-clienti-spettatori occasionali una molteplicità di stimoli, di esperienze e di stili di vita.
Christian Arnoldi, insegna Sociologia della comunicazione presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive di Rovereto (TN). Si occupa di produzione immaginaria e simbolica degli spazi esistenziali di vita quotidiana e turistici delle Alpi; della costruzione delle tradizioni e delle identità locali come attrazioni; di cultura turistica e dell’incontro tra autoctoni e allogeni. Tra le altre cose ha pubblicato “Tristi montagne. Guida ai malesseri alpini” (Priuli & Verlucca, 2009) e una serie di articoli su riviste scientifiche dedicati al turismo alpino.

Costi

ingresso libero fino ad esaurimento posti