Angelica

Teatro

Trento a Teatro
Trento Oltre

Con Angelica Cosentino esplora il pazzo mondo delle fiction
Andrea Cosentino, uno dei più consolidati rappresentanti del nuovo teatro di narrazione con Angelica porta il teatro ad un nuovo livello di interazione con il pubblico

Andrea Cosentino
Angelica
uno spettacolo di e con Andrea Cosentino
regia Andrea Virgilio Franceschi
collaborazione alla drammaturgia e alla messa in scena Valentina Giacchetti

Questo spettacolo conclude un dittico: L’asino albino era uno spettacolo sul tempo che passa, angelica è un lavoro sulla morte. Non è previsto un seguito.
Comunque.
Entrambi sono un tentativo di parlare del presente. A chi c’è. Accettando fino in fondo ciò che il teatro è: un monumento effimero.
Come al solito non c’è storia. Ogni tentativo di abbozzarne una sfiora la retorica e scivola nel ridicolo. C’è semmai - come e più del solito - il gusto di smontare le storie. Ne l’asino albino raccontavo uno spettacolo, l’impossibilità del suo farsi che scivolava in una epifania derisoria e tragica, in una apparizione invisibile per eccesso di luce. In angelica tento di entrare nei meccanismi stessi della mitopoiesi, prendendo a pretesto una sua manifestazione degradata: il mondo delle fiction televisive.
Ci sono dunque degli ingredienti, dei brandelli di dialoghi e situazioni abbozzate. Una troupe che sceglie di girare uno sceneggiato televisivo in una casa di un quartiere popolare romano; un’attrice - Angelica appunto - che continua a recitare la propria morte, fino allo sfinimento. Ciò che si ripete in teatro ci fa ridere. Perché è il passato che pretende di ritornare come niente fosse.
Ci sono delle immagini - poche - che mi faccio carico di scuotere sul loro asse per ottenerne un alone di movimento: l’icona di un papa tremante che fende la folla giubilare sulla sua papamobile, il ricordo della statua della Madonna portata in processione nel giorno del venerdì santo a Chieti. E’ la dialettica sacro/dissacrazione come le due facce di una stessa aspirazione. O il rovescio bifronte di un medesimo vuoto.
Non c’è storia. Ma c’è una concessione al bisogno di tirare avanti. Una trama. Ed è quella dello sceneggiato ricostruito in scena senza ausili tecnologici, ma utilizzando la cornice vuota di ciò che fu un televisore, e parrucche e primi piani e piani interi e bambole e pezzi di oggetti e dettagli di corpi. Si tratta innanzitutto di mimare con la povertà di mezzi scenici la povertà di un linguaggio. Farsi doppio parodico del linguaggio standardizzato del racconto televisivo. Ma c’è anche altro.
Pasolini scriveva che materia del cinema - dell’audiovisivo - è il pianosequenza come presente assoluto. E’ il regista che selezionando e tagliando e montando tra loro pezzi di presente dà loro un senso. Creando nessi. Facendone materia di narrazione, cioè storia. Dunque passato. Però mi chiedo: come può il presente raccontarsi a se stesso?
Io tento di installarmi nei tagli del montaggio, di dilatare i nessi, creare gioco tra i giunti; voglio disincantare l’impostura ipnotica dei raccordi narrativi, far emergere ludicamente il nonsenso che fa da sfondo alla costruzione del senso.
Aggiungeva Pasolini che come il montaggio dà senso al cinema, così la morte dà senso alla vita. Però mi chiedo: cos’è che dà un senso alla morte?
Se non c’è storia dovrà esserci da ridere. E’ ciò che credo di avere imparato dal teatro popolare, dalla cultura dei subalterni. Di coloro che, ben prima di noi smarriti postmoderni, hanno dovuto imparare a vivere senza il sostegno di un passato né prospettive di futuro. E’ il senso profondo dell’intrattenimento. Perché va bene la denuncia e la memoria e la controinformazione e il mondo a capinculo. Ma innanzitutto esserci. Qui e ora. Comunque.
Andrea Cosentino

Estratto dalla rassegna stampa
È ormai evidente che si sia creata una corrente, ancora non riconosciuta, di giovani artisti teatrali che sembrano voler fornire un’antitesi divertita e astratta, sconnessa e grottesca all’ormai troppo celebrato teatro di narrazione. Andrea Cosentino è uno di questi nuovi personaggi della scena, da andare a vedere, accettando di restare avviluppati da quel suo procedere apparentemente disarticolato e invece strutturato sottotraccia da spirali acutissime di riflessione mai portate troppo alla luce, giocate tutte con lucidissima ironia, spesso con decisa e esilarante comicità. E questi sono solo alcuni dei meriti di Angelica, scritto dallo stesso interprete, portato in scena con la collaborazione registica e drammaturgica di Andrea Virgilio Franceschi e Valentina Giacchetti, ripresentato a Roma in questi giorni e incluso nel prestigioso calendario de (…) Dunque una cavalcata, in solitaria, tutta di parole, ma con la dichiarazione esplicita di non volere e non saper costruire storie, esponendo invece un assemblaggio di immagini e microsituazioni che non arrivano mai a fare racconto. Da dove iniziare dunque? Dallo spettacolo stesso, dalle idee per crearlo, cominciando a mettere in evidenza brandelli che poi vanno avanti con esibita casualità. Un papa, visto per caso sulla sua papamobile, e qui evocato da una maschera patetica e sinistra che fuoriesce da una carrozzina, una madonna barcollante in processione, una casa in un quartiere popolare dove viene girato uno sceneggiato televisivo le cui inquadrature ci appaiono attraverso la cornice vuota di un vecchio televisore, con Angelica, l’attrice incapace, che tenta di recitare la scena del suo omicidio decine e decine di volte. Serpeggia dunque, tra i tanti temi, un interrogativo sulla morte e sulle sue immagini, citando Pasolini, una volta tanto a proposito.
Antonio Audino Il Sole -24 Ore

Un fiume in piena, irrefrenabile, Andrea Cosentino nel suo nuovo monologo ‘Angelica’. (…) ‘Angelica’ è un assolo che non dà tregua sia all’interprete che allo spettatore, impreziosito da battute fulminanti e da un testo che pur non rinunciando al divertimento spesso si fa veicolo di più sofferte e inquietanti tematiche. Una sequenza di frammenti che ciclicamente si ripetono, una montagna di parole incanalate secondo scansioni ricorrenti che corrispondono a diverse storie che scorrono parallele e a volte si intersecano. (…) Cosentino gioca con la realtà e la finzione televisiva con un lavoro di montaggio quasi cinematografico, incarna ogni personaggio e condisce il tutto con ricordi personali, con spiazzanti fuori programma in cui trovano posto le processioni del venerdì santo a Chieti con la Madonna che oscilla pericolosamente, un vecchio Papa malandatissimo a cui lanciano bambini che si spiaccicano sui vetri della papamobile e un’arzilla e loquace vecchina che presta la propria verace casa romana per le riprese della fiction. afferma l’interprete e chiama Pasolini a testimoniare come essa dia senso alla vita chiedendosi però, a sua volta, cosa invece dia senso alla morte stessa. Tra Barbie, scheletri di televisori, parrucche biondissime e improbabili e varia paccottiglia ‘Angelica’ diverte e fa pensare.
Nicola Viesti - Hystrio


organizzazione: Centro Servizi Culturali S. Chiara - Teatro Portland Nuovi Orizzonti Teatrali