Arca russa
Russia/Germania, 2002
Titolo originale: Russkij kovcheg
Genere: Drammatico
Durata: 96'
Regia: Aleksandr Sokurov
Cast: Serge Dreiden, Maria Kzsnetsova, Leonid Mozgovoy
Museo dell'Hermitage a San Pietroburgo. Un visitatore sconosciuto, guidato nei saloni del grande palazzo da un diplomatico straniero che gli fa strada, assiste alle apparizioni di personaggi storici, fantasmi di un passato perduto e resuscitato (Pietro il Grande, Caterina II, l'ultimo zar), fino a un coinvolgente, fantastico ballo finale. Un sorprendente esercizio di regia, un viaggio nell'arte, un reportage dalla storia. Tutto come guardato in diretta, senza stacchi, in un unico piano sequenza in soggettiva che dura quanto il film. Nostalgia, sogno, memoria, per un film magico e seducente, lirico e strabiliante.
di Mario Sesti
Il riverbero di malinconici fraseggi di pianoforte, una voce fuoricampo che si interroga come quella di un viaggiatore onnipresente e invisibile e la fuga degli splendidi corridoi di uno dei più famosi musei del mondo: The Russian Ark di Aleksander Sokurov, in concorso a Cannes, ambientato nell' Hermitage di San Pietroburgo, sembra fondere i principali interessi del cineasta russo. Il documentario e la poesia, l'amore per l'arte e lo studio del flusso ininterrotto della coscienza.
Un mostruoso piano sequenza (una ininterrotta ripresa senza stacchi e senza montaggio) attraversa i saloni, gli anfiteatri, le scalinate, i sottoscala del celebre museo passando da scene affollate di personaggi in costume all'oggi dove bivaccano visitatori appesi alla bellezza stordente dell'immensità di opere d'arte che vi aloggiano: dalle imitazioni di Raffaello alle sculture del Canova, dall'arte rinascimentale a quella napoleonica, dai maestri fiamminghi al neoclassicismo settecentesco
Le immagini precipitano senza ripetersi in un pozzo nel cui fondo risiede lo spettatore mentre il chiacchiericcio delle persone in scena, orchestrato dalla futile malinconia di un diplomatico del XIV secolo, si accumula ad una velocità variabile ma incessante. Interrogativi storici ("Perché la Russia ha abbracciato la cultura europea?"), notazioni di costume, commenti estetici. L'autore, fuori scena, duetta con lui. Divagazioni, riflessioni, civetterie metafisiche e introspettive.
Capace di passare da una scena all'altra, dalla rievocazione del mondo di Pushkin a quello di Caterina II, è un esercizio di altissima tecnica ed estetica cinematografica che possiede il virtuosismo acrobatico del monologo fluviale o dell'assolo di improvvisazione. Ma non possiede il fascino denso e avvolgente di altri film di Sokurov capaci di sfidare con materiali meno preziosi ed una messa in scena più semplice e ridotta, l'idea che un film debba per forza essere una storia di finzione fissata da una sceneggiatura, interpretata in un set e costruita al montaggio (per esempio: il documentario Elegia di un viaggio, presentato a Venezia e coprodotto come questo dal Museo dell'Hermitage, raggiungeva una poesia più penetrante con mezzi e tecnica meno esibizionisti).
Tratto da: www.kwcinema.kataweb.it
organizzazione: Nuovo Cineforum Rovereto - patrocinio del Comune di Rovereto Servizio Attività Culturali