Aurelio Nicolodi - Una luce nel buio dei giorni

Convegno

"Aurelio Nicolodi - Una luce nel buio dei giorni" è il volume scritto a quattro mani dai trentini Alberto Folgheraiter e Giorgio Lunelli, in occasione del centenario dalla perdita della vista di Aurelio Nicolodi, eroe trentino e fondatore dell'unione ciechi (oggi anche degli ipovedenti).
La presentazione si terrà venerdì 24 luglio, alle ore 17, presso la sala di rappresentanza di Palazzo Geremia, in via Belenzani a Trento, alla presenza delle autorità cittadine e dei vertici nazionali dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, oltre che di alcuni familiari di Nicolodi, e con la partecipazione del Coro Dolomiti di Trento e del Coro Piramidi di Segonzano.

Alberto Folgheraiter
Lunelli Giorgio
Aurelio Nicolodi
Una luce nel buio dei giorni
ed Curcu & Genovese, 2015

“Essere considerati uomini fra uomini, cittadini tra cittadini, con tutti i doveri e i diritti inerenti, era per un cieco, venticinque anni fa, semplice utopia. Inabilitato, in base al Codice del 1865, a tutelare i propri interessi, soggetto all’aleatorietà di un’educazione obbligatoria solo a parole, perché, in realtà, dipendente da protezioni, influenze, benefici e comunque limitata ai soli corsi elementari, il cieco era, di fatto, in balìa della carità pubblica, non solo per l’istruzione e l’assistenza, ma anche per il lavoro. Questo, irrisoriamente retribuito, si risolveva in una forma di sfruttamento, oramai così invalso da apparire logico agli stessi ciechi. Il materiale didattico scarso o nullo. Spesso un solo libro di testo doveva bastare a un’intera scolaresca. Gl’insegnanti improvvisati e scelti fra gli stessi ciechi anche quando la cecità del maestro era incompatibile. Poche e caotiche le biblioteche, frutto di copisti volontari e costituite di libri scorretti, scelti secondo il gusto e l’arbitrio del copiatore e non secondo la necessità dello studioso. Gl’Istituti, simili ad asili, accoglievano, purché ciechi, bambini, adulti, vecchi, malati, deficienti, in una mescolanza di sessi, di età, di mentalità, ch’era quanto di più deprimente si potesse immaginare. Ivi, molte energie che un ambiente adatto avrebbe potuto mettere in valore, perivano miseramente nell’annichilimento più assoluto. La musica, retaggio, se non unico, perlomeno comune ai ricoverati, quasi che il non vedere determinasse automaticamente un’inclinazione musicale. Impianti da lavoro nulli o quasi. I lavoratori che germinavano qua e là avevano una vita breve e atrofica, dominati dal loro stesso criterio costituzionale che era l’elemosina e non da una studiata valorizzazione delle effettive possibilità dei ciechi. Provvedimenti di carattere previdenziale neanche l’idea, il cieco essendo considerato un essere già fuori dalla vita, ombra che si trascinava di pari passo con la morte. Tali erano le condizioni dei ciechi un venticinquennio addietro”. Aurelio Nicolodi, 1945


organizzazione: Cooperativa Sociale IRIFOR del Trentino Onlus