Aylan
Un racconto di sofferenze e abbandoni, ma anche di incontri, rinascite e riscoperte
L'integrazione passa attraverso l'arte e, in questo caso, attraverso il teatro. Nel parco di Villa Annamaria in via Filzi a Mori, andrà in scena lo spettacolo Aylan, costruito insieme ai profughi ospitati in Vallagarina. La produzione è del Collettivo Clochart e la regia di Michele Comite. Al progetto hanno collaborato i ragazzi migranti di Cinformi, il Comune di Mori e il Minicoro di Rovereto.
L'iniziativa unisce le competenze di due assessorati: quello alla cultura con Patrizia Caproni e quello alle politiche di aiuto sociale con Roberto Caliari. «Mori è attiva nell'accoglienza ai richiedenti asilo e recentemente è stata sede di un ciclo di incontri di valenza provinciale; è quindi particolarmente felice di ospitare questo spettacolo in cui, attraverso una forma di espressione creativa e artistica, si aiutano queste persone a integrarsi, a imparare l'italiano, a conoscere la nostra cultura senza rinunciare, e anzi valorizzando, la propria».
Il progetto, spiegano dal Collettivo Clochart, nasce per avvicinare i migranti a un altro tipo di integrazione, mediata dall'arte. Lo spazio e il tempo del laboratorio permettono ai richiedenti asilo di attivarsi e farsi portatori di culture, dando la possibilità di esprimersi e comunicare e diventando anche azione terapeutica. Gli esercizi di improvvisazione prima e di costruzione dello spettacolo poi sono serviti a far sentire ognuno responsabile di se stesso in relazione al gruppo. Grazie all’esplorazione attraverso il corpo, il movimento e l’immaginazione, i partecipanti hanno imparato le base delle regole del teatro (ascolto, rispetto, autonomia), regole che gestiscono la nostra quotidianità e che permettono di inserirsi nella società.
Lo spettacolo. Alessandro vive una sorta di reincarnazione in persone che provengono da altre culture e viene pertanto messo alla prova con divertenti riti di iniziazione, fino a capire che per comprendere bene l’altro bisogna mettersi nei suoi panni. Un racconto di sofferenze e abbandoni, di vite spezzate e morti silenziose, ma anche di incontri importanti, rinascite e riscoperte, non ultima quella della propria cultura lasciata alle spalle e rivalutata come elemento di salvezza non solo per sé, ma per tutti.
organizzazione: Collettivo Clochart