Capricci

Danza

Trento a Teatro
InDanza

Compagnia Abbondanza/Bertoni
Progetto Poiesis
Capricci
di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
con Eleonora Chiocchini, Chiara Michelini, Tommaso Monza, Antonella Bertoni, Michele Abbondanza / live set: Elisa Amistadi, Michele Bazzanella
progetto musicale Corrado Bungaro, Carlo La Manna
musiche originali Amistadi, Bazzanella, Bungaro, La Manna
luci Lucio Diana
costumi realizzati in collaborazione con Rizzi Sartoria
direzione tecnica Enrico Peco
organizzazione e ufficio stampa Dalia Macii, Marika Errigo
produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni
coproduzione Festival Oriente Occidente e Centro Servizi Culturali S. Chiara
con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali Dip. Spettacolo / Provincia Autonoma di Trento Assessorato alla Cultura / Comune di Rovereto Assessorato alla Cultura / Cassa Rurale di Folgaria Filiale di Rovereto
si ringrazia Mauro Casappa, Roberta Giordani
anno di creazione 2007

“Non c’è segno più poetico e carico di senso
di un corpo che si muove nello spazio”.
Michele Abbondanza

È un brillante divertissement velato di gravità, il nuovo lavoro della compagnia Abbondanza-Bertoni proposto questa sera. I due coreografi residenti a Rovereto hanno infatti ideato uno spettacolo ‘leggero’ che manda a spasso la mente dopo una lunga parentesi artistica, durata cinque anni, incentrata sull’indagine della tragedia antica e del sacrificio per amore di cui In Danza ha ospitato l’intera trilogia.
Cambio di registro dunque, per la coppia più nota del nostro teatrodanza che si è fatta sedurre questa volta dal muscolo e dalle potenzialità del corpo abbandonando qualsiasi speculazione letteraria e narrativa. Nasce così la loro ultima fatica, una stravaganza per cinque danzatori, una cantante e un compositore di musica elettronica che restituisce potere alla fantasia, alle voglie improvvise, al ghiribizzo del corpo e della mente. Ma si faccia attenzione, si tratta di una “leggerezza da uccellino e non di piuma”, come ricorda Calvino nelle sue Lezioni americane, ovvero di una levità che fa i conti con il suo opposto, il peso, in una sfida continua.
«Ci siamo ribellati alla logica della ragione – confessa Michele Abbondanza - con brevi coreografie che hanno in comune ironia e non senso. Restituiamo potere alla fantasia, dove questa si intreccia con l’eros sull’orlo del mistero». Ma la fantasia e la sfida non sono soltanto coreografiche. Musica e messa in scena contribuiscono a dare al lavoro un aspetto da ‘capriccio generalizzato’. I 24 Capricci per violino solo, op. n.1, di Arturo Paganini diventano un vago ricordo nel pot pourri di musiche funky, pop, rock e rumori proposto secondo il criterio aleatorio della predilezioni del momento. Il disegno luci ricorda un gioco estroso con variazioni random di fasci che ‘cascano qua e là’ indipendentemente dalla posizione dei danzatori (salvo rare eccezioni). I costumi, apparentemente austeri (t-shirt e gonnelle nere indossate indistintamente da uomini e donne), rivelano una bizzarria interiore nel loro ‘rovescio’ rosso, fucsia, giallo, verde. La danza, che scorre fluida, propone nuclei di interesse sempre nuovi, peregrina da un groviglio di corpi (sublime il momento di inizio in cui i cinque sembrano perdersi in un eterno abbraccio in movimento) a un gioco di inciampi e contrappesi, a braccia ritmiche impazzite, a buffe promenade, a scosse da tarantolati, a rotazioni mistiche da Derviscio. Un grande capriccio a cui i due autori hanno ceduto con brillanti risultati artistici. Uno spettacolo ballato e ballabile da cui emerge il senso e la ‘destinazione’ ultima del danzatore: la sua costante relazione con l’ignoto.
Testo di Maria Luisa Buzzi

Informazioni sulla prevendita

Biglietti in vendita da lunedì 22 ottobre

NOTE DI LAVORO
Non si cede a un capriccio poiché si ritiene l’eventuale suo soddisfacimento inutile: ecco perché questo spettacolo si chiama Capricci.
Come il pubblico seduto in platea questa sera, anche in quello che vedrete c’è chi voleva e poteva esserci. Avremmo potuto essere in otto come in due o quindici. Siamo in sette per caso e necessità.
Abbiamo continuato su questa strada di necessità e casualità anche costruendo i primi pezzi e ci siamo accorti subito che non volevamo legare nulla a qualcos’altro. Né a una logica, né a un personaggio, né le nostre azioni a un senso, né raccontare o essere particolarmente utili a qualcosa o qualcuno. Insomma quello che stava avvenendo era soprattutto un mettersi in moto, sentire la differenza tra spento e acceso e quindi partire. In cammino o fermi su di un palcoscenico-molo e non più in uno spazio, ponte per qualcos’altro.
Abbiamo sottoposto i musicisti allo stesso trattamento, non dando loro punti di riferimento ma chiedendo di attingere provocatoriamente a tutta la musica, suoni e rumori per avere indietro un impasto sonoro incapricciato.
Abbiamo voluto fare uno spettacolo ballato e ballabile, su niente. Che non contenesse messaggi e soprattutto non avesse niente da dire. Naturalmente abbiamo subito realizzato che non c’era niente di più utopico, che era impossibile un grado-zero di comunicazione, ma che ci si poteva avvicinare a esso attraverso passaggi di sottrazione di senso. Non so se ci siamo riusciti ma non è questo il punto che ci interessava, quanto l’esserci misurati con degli aforismi coreutici, haiku danzati, proverbi ginnici, massime gestuali: insomma capricci del corpo.
Lasciateci l’utopia di provare a rendervi felici almeno per un po’, non facendovi consumare niente, perché la gente felice non consuma.
Michele Abbondanza

CAPRICCIO (definizione dall’enciclopedia Wikipedia):
1. Voglia o idea, che ha del fantastico e dell’irragionevole, e per lo più nasce in modo subitaneo, per leggerezza di natura o per poca riflessione. Probabilmente da CÀPRO animale di bizzarra natura, di corto cervello, ovvero come se dicesse cosa inattesa che balza al cervello, quasi salto di capra, simile al fr. VERVE che trae dal lat. VÈRVEX castrone (quantunque per altri dall’oland. WERP = WORP getto). Anzi a questo proposito citasi il lat. CAPRIZÁRE saltellare, di cui trovasi in Terenzio il participio presente: CAPRÎZANS PÙLSUS polso irregolare (che balza e saltella come una capra): quindi a lettera mossa caprina e fig. scatto del cervello.
2. Dicesi così anche quel tremore che scorre per le carni e fa arricciare i capelli pel freddo, per febbre, o per orrore di chicchessia; ma in tal caso si rannoda al lat. CAPERÁRE (mediante una supposta forma CAPERÍTICUS) corrugare, increspar la fronte (al modo delle capre) e quindi mostrare asprezza nel volto. Altri però vuol che sia contratto dall’ant. CAPORÍCCI propr. Arricciamento dei capelli del capo per paura.
Deriv. Capricciòso e i suoi dimin. Capricciosèllo; Capricciosétto; Incapricciare; Scapricciare.


organizzazione: Centro Servizi Culturali S. Chiara