Carnascèr fascian: un rito tradizionale nella modernità

Convegno

Un libro al museo

Presentazione del libro
Carnascèr fascian: un rito tradizionale nella modernità
con la partecipazione dell’autore Cesare Poppi

Un lavoro antropologico e fotografico realizzato dagli autori Cecare Poppi antropologo di Bologna e Giulio Malfer fotografo trentino hanno lavoroto al progetto per diversi anni, sotto la regia del direttore dell’istituto Fabio Chiocchetti. Qui di seguito l’introduzione scritta da Cesare Poppi che spiega il progetto nel suo insieme.

‘Il testo che segue prende forma da una conversazione che ebbi qualche tempo addietro con Fabio Chiocchetti del Goti. A lui dunque va un primo, sentito ringraziamento anzitutto per averla ispirata, e poi per avermi spronato a tradurla in forma scritta. Mi è sembrato che mantenere la forma dell’espressione orale potesse in qualche modo fare da controcanto allo stile proprio della fotografia di Giulio Malfer che accompagna il testo: una fotografia dinamica, “mossa”, nella quale l’istantanea è colta in una sorta di divenire “altro” rispetto a quanto congelato nello scatto immediato. E “mossa” al pari del vedere di Malfer è anche la qualità della memoria che ho voluto inserire nel titolo del mio contributo. Questo per sottolineare il fatto che il testo presentato contiene riflessioni sul Carnevale fassano maturate nel corso di trent’anni di lavoro sul tema delle mascherate e dintorni che hanno senza dubbio smosso e modificato – spero affinandole e rendendole più efficaci – le memorie dei primi straordinari e (ricordo chiaramente) stupefatti incontri con le maschere fassane. Per converso, un bilancio puntuale di quanto le esperienze di ricerca sul campo che dal Ghana settentrionale, dalla Lettonia ai Paesi Balcanici, e dalla Francia ai Paesi Baschi siano state influenzate dalle ipotesi interpretative stimolate da quella prima volta che vidi Laché e Bufon farsi strada a fatica nella neve per annunciare la mascherata, dovrà attendere una pubblicazione futura. Qui però mi preme dire che la presente visione retrospettiva “a memoria” si è arricchita nel corso degli anni di verifiche e smentite che l’esperienza comparativa ha stimolato, spesso con viva sorpresa e a volte anche con delusioni e ripensamenti. Mai, comunque, con quella stanchezza che alcuni vorrebbero – chissà mai perché, visto che è il mestiere più bello del mondo – attribuire all’impegno dell’antropologo


organizzazione: Istituto Culturale Ladino di Fassa