Case senza chiavi

Convegno

Iniziative estive delle biblioteche trentine
Valli di Fiemme e Fassa

Mercoledì 18 agosto, alle ore 21.00 presso la suggestiva cornice del chiostro del convento dei padri Francescani di Cavalese, verrà presentato il libro "Case senza chiavi. Famiglie che accolgono: l' esperienza di Oikos", di Massimiliano Cossi, edito dalla casa editrice "Il Margine".
Tra le ex fabbriche di Sesto S.Giovanni, ex Stalingrado d'Italia, nascono, da un' intuizione di don Virginio Colmegna, in vecchie cascine ristrutturate, le case che accolgono chi fa fatica a vivere. Perchè l' ospitalità è un dono per il reciproco arricchimento umano...
Interterverrà l' autore.
Intermezzi musicali di Sara e Marta Molinari.
Organizza il Comune di Cavalese in collaborazione con i Padri Francescani di Cavalese.

Non le "Comuni" della contestazione, ma "comunità" di famiglie che tengono le porte aperte, perché hanno imparato - leggendo la Bibbia e il Vangelo - che l'accoglienza dello straniero, del debole, del povero, è la prima legge dell'amore. A Sesto San Giovanni, l'ex "Stalingrado d'Italia", la città operaia vicino a Milano, don Virginio Colmegna - prete conosciutissimo per il suo impegno al fianco dei ragazzi, dei detenuti, degli emarginati - ha fondato "Oikos", la Casa: comunità di famiglie che accolgono. Hanno ristrutturato le vecchie cascine, le hanno trasformate in luoghi dove chiunque può bussare e trovare attenzione, ascolto, rispetto. La ragazza strappata alla strada, l'immigrato senza un posto dove stare. La storia di Oikos sono mille storie. L'avventura delle famiglie che accolgono è l'avventura di chi da loro è stato accolto.
Stile, metodo, regole e spirito di una straordinaria esperienza di normale fraternità. Con le testimonianze in prima persona di Luigino Bruni, Mauro Magatti, Virginio Colmegna, Carmine di Sante.

"Mi sembra che le famiglie di Oikos abbiano puntato essenzialmente sulla relazione, che enfatizza l'importanza delle persone e non delle cose. Ciascuno viene accolto così com'è, senza se e senza ma"
(Luigino Bruni)