Cemento. Arma di costruzione di massa
Il cemento ha cancellato tutte le peculiarità locali, tutte le tradizioni, e si è imposto come unica legge fin negli angoli più remoti del pianeta, dove l’arte di edificare un tempo rispondeva a una pluralità di tecniche e di immaginari. E così, uniformando i luoghi, ha esteso il proprio monotono regno al mondo intero.Se c’è un materiale in grado di rappresentare la perfetta concretizzazione della logica capitalista, questo è il cemento. Realizzato con tecniche industriali e in quantità smisurate – con disastrose conseguenze non solo ecologiche ma anche sanitarie – ha ormai conquistato l’intero pianeta «uccidendo» l’architettura vernacolare, contribuendo all’oblio delle tecniche tradizionali e dunque al declino dell’artigianato, e annullando ogni differenza. Ma al di là della monotonia intrinseca di questo materiale, già denunciata dai situazionisti, a preoccupare è la sua adesione a quell’obsolescenza programmata che ha definitivamente trasformato le costruzioni in merce. Con conseguenze spesso tragiche come attesta il crollo del ponte Morandi a Genova. È dunque cruciale ricostruire la storia di questo materiale, analizzando tanto la narrativa proposta dai suoi numerosi sostenitori – di ogni tendenza ideologica – quanto le riserve dei suoi rari detrattori. E così Jappe ne ripercorre la storia, dall’epoca romana ai giorni nostri, evidenziando attraverso innumerevoli esempi i catastrofici danni che il suo massiccio utilizzo ha prodotto e continua a produrre.
Anselm Jappe (Bonn, 1962), filosofo, si è laureato a Roma con Mario Perniola per poi conseguire un dottorato presso l’École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Attualmente insegna filosofia estetica all’Accademia di Belle Arti di Roma.
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