Dune, Balene e Microchip

Convegno

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Luigi Alfieri, giornalista-scrittore giramondo, presenta "Dune, Balene e Microchip", diari di sette anni di viaggi in giro per il mondo

Luigi Alfieri, Dune, Balene e Microchip. Sette anni in giro per il mondo, MUP Monte Università parma Editore, 2011

Parole e immagini fanno a gara per raccontare colori, profumi e suoni; per descrivere volti, paesaggi, cieli e giardini; per emozionare e fare sognare. Il libro racconta 34 luoghi diversi, ma non è solo un libro di viaggi, è esso stesso un viaggio, un viaggio all'interno dell'uomo. Alla radice di alcune nozioni fondamentali che regolano la sua vita. In modo implicito lo spiega già il titolo.
Dune perché si parla molto di deserti, quelli ocra, cenere e acciaio, fatti di sabbia, ma anche quelli verdi, come le brughiere della Mongolia e della Patagonia. E i deserti sono il posto in cui chi scrive e chi scatta foto si ritrova di fronte all'immensità del tempo e dello spazio. Gli anni si contano a migliaia e a milioni. Le distanze in anni luce. In questo libro, sulle dune si sale di notte, nel silenzio assoluto (sovrumani silenzi, scrive Leopardi) a guardare le stelle nel cielo color cobalto.
Le balene sono quelle, vive, della Baia di Samanà, in Repubblica domenicana, che si fermano a centinaia per riposarsi dopo il lungo viaggio alla ricerca del caldo che le ha portate dal Maine al mar del Caribe, ma sono anche quelle, fossili, che si trovano nel Grande Deserto Occidentale dell'Egitto. Sono vecchie di milioni di anni, e stanno lì a ricordarci che anche il tempo è infinito. E le nostre vite sono granellini di sabbia. Magari grandi come un mondo intero. Dipende dal punto di osservazione.
I microchip sono il simbolo della società post moderna. Di Shangai, di Pechino, di Tokio. Le città dove l'uomo - scrive Alfieri - corre come una pallina da flipper impazzita. Vive ai ritmi frenetici dettati da internet, dai telefonini, dalla comunicazione digitale, dal neo consumismo asiatico, più veloce, freddo, impersonale e spietato di quello euroamericano. Il gioco dell'autore sta nel contrapporre i ritmi originari della natura, quelli della savana, del deserto, delle vette andine, della foresta amazzonica, ai ritmi delle megalopoli che stanno nei paesi dell'oriente estremo.
Un ossimoro per fare capire che nel mondo succede qualcosa di sbagliato. Un ammonimento a guardare tra le dune, nelle praterie, tra le acacie africane, per ritrovare, sé stessi. Cioè l'uomo, quel granello di sabbia grande come l'universo. Un granello programmato per muoversi tra le dune con lentezza, cullato da un vento leggero. Non ai ritmi forsennati del microchip. Se tutto questo vi sembra complesso, il volume si può leggere in un altro modo: 34 racconti di viaggio e tante fotografie pieni di profumi, di suoni, di colori, di sensazioni da sogno. Si, semplicemente un libro per sognare.