Edgar Caracristi. Opere 1996-2007
Presentazione e testo critico a cura di Maurizio Scudiero
Curatore: Maurizio Scudiero
Edgar Caracristi è nato a Parma nel 1972. Si è laureato all'Accademia Cignaroli di Verona nel 2005.
La mostra si propone di illustrare il cammino artistico di Caracristi in oltre dieci anni di attività pittorica ed espositiva con la pubblicazione sul catalogo dei quadri realizzati dal 1996 e l'esposizione in Galleria di una trentina di opere di recente fattura. L'esposizione e la visione sul catalogo danno inoltre la possibilità di comprendere la poetica di Caracristi, basata sulla consequenzialità e logicità del pensiero, nel quale il materiale compositivo-pittorico si dipana negli anni sviluppandosi strutturalmente come una "fuga" musicale, o un "ricercare", o una "passacaglia" che si snoda in un tempo molto dilatato, mostrandoci talento creativo, ma anche conoscenza della tecnica pittorica, presupposto essenziale per tradurre pensieri "consistenti" in una forma "eseguibile" e dunque visibile e comprensibile. Il "soggetto" (o tema) non è la rappresentazione pittorica, ma è la mente che produce la rappresentazione (o l'orecchio che l'ascolta), ossia Caracristi che ci espone il "soggetto" lasciando a noi l'onere di "rispondere", ovviamente in modo conforme alle nostre "altezze" o capacità.
Edgar Caracristi
Lo slancio utopico nella terra di mezzo
di Maurizio Scudiero
«... da bambino sognavo di una vecchia, tetra, città, con una tale precisione e vivezza, che col tempo mi fu possibile peregrinarvi... tanto da non poter dire di aver solo sognato... »
da Langelo della finestra doccidente di Gustav Meyrink
«... coraggio cittadini, il futuro è radioso...»
da 1984 di George Orwell
Che cosè, si chiedeva un filosofo, la cosiddetta terra di mezzo. È il luogo dove non vi è più vita, ma non ancora la morte? Oppure è il luogo dove il flusso temporale è sospeso e non scorre più? O, infine, è piuttosto un non-luogo, cioè la negazione del divenire e dellessere, ovvero la fissità vitale che può essere anche intesa in forma di un congelamento esistenziale?
Quale che sia, parlando dellarte di Edgar Caracristi, dobbiamo immergerci in questa terra di mezzo, e intraprendere un viaggio concettuale che simbolicamente ci richiama alle atmosfere di un Meyrink della Notte di Valpurga (come appunto era titolata una sua opera di giusto dieci anni fa). Fiorenzo Degasperi nel 2000 parlava propriamente di mitologie e climi nordici, e di unattitudine meditativa che aveva intrigato artisti romantici come David Caspar Friedrich e William Turner, sebbene in Caracristi quello slancio alla Sturm und Drang e quellesaltazione delle forze naturali, tipica del romanticismo e del romanzo gotico sia più pacata e soffusa, meno dirompente.
La sua è, in sostanza, una lenta marcia di avvicinamento e di conoscenza al lato oscuro della natura umana, che Caracristi ha percorso muovendo da posizioni proto-astratte per giungere ad esiti sempre più figurativi, proprio perché più funzionali a questo suo percorso concettuale.
Che la sua si possa definire una pittura concettuale mi sembra un dato assodato, evidente, ineccepibile. Proprio a smentire che un lavoro di natura concettuale debba per forza essere astratto.
E invece no. Il dato figurativo di Caracristi è la risultante di un lungo, e profondo, processo concettuale, vale a dire di un percorso meditativo che ha portato ad un pensiero forte, cioè ad una sua posizione nei confronti di alcune problematiche del tutto contemporanee, seppure vecchie come il mondo: il rapporto del tutto esistenziale tra uomo e larchitettura; poi il rapporto del tutto esistenziale tra luomo ed il mondo; e infine il rapporto del tutto esistenziale tra luomo e la sua caducità.
Sul primo argomento dobbiamo ricordare, appunto con Rudolph Arnheim, che i segni che luomo ha lasciato sulla terra, i suoi manufatti architettonici, hanno con noi una continua interazione psicologica, se non psicosomatica. Non si tratta solo di nude e fredde pietre. Provate a camminare nel cerchio di Stonehenge, o nella navata centrale della cattedrale di Chartres. Le pietre cantano, ha scritto il musicologo Marius Schneider, proprio perché queste architetture racchiudono un universo simbolico, un corpus di significati che comunicano alluomo, gli recepisca o no, un insieme di valori. Ma se alluomo odierno manca lintelligenza per capirli (da intus e legere, leggere allinterno, cioè penetrare il significato) allora sì, ci fa capire Caracristi, quelle architetture diverranno delle masse congelate, fredde e mute.
Il rapporto tra uomo e mondo è ben simboleggiato dal concetto del viaggio, dellesplorazione della scoperta. Il viaggio iniziatico, ad esempio, è stato un leit motiv di tanta letteratura alchemica e non: il compiere un certo percorso ed il superare una serie di prove è divenuta anche recentemente la trama privilegiata di molti romanzi per adulti e ragazzi.
Versione un po volgarizzata di una prassi basilare nellevoluzione del pensiero umano. Infine, luomo e la sua caducità: luomo di fronte alla vita ed alla morte. Il patto di Faust ha cercato di aggirare questo ostacolo. Ed il preambolo a questo rito di passaggio è appunto fatto di atmosfere crepuscolari e luciferine. Del resto la ricerca dellimmortalità è solo lultima scorciatoia che luomo cerca solo alla fine del suo percorso di abbruttimento esistenziale, e la cui metamorfosi da farfalla a bruco viene fissata sulla tela, ad esempio, nel Ritratto di Dorian Grey, di Oscar Wilde. E tutto ciò, certo a modo suo, è dentro larte di Caracristi: dosato e centellinato e mescolato ai segni della modernità: come le fabbriche, le periferie, gli scali merci ferroviari, i porti mercantili. Il tutto avvolto in una tormenta, in un vorticoso infuriare di elementi come quello dal quale usciva il famoso treno di Turner. Si tratta di luoghi di lavoro, di luoghi di solitudine, di luoghi di abbruttimento, quando sono dismessi, e proprio per questo di luoghi di pensiero, perché pregni di tutti quei pensieri che generazioni di uomini vi hanno lasciato.
È il retrogusto delle esistenze, le lontane ombre di quelle esistenze, che Caracristi cerca di percepire e, a sua volta, di fissare sulla tela. Sono congelate e avvolte in questa bruma del Tempo proprio perché sono morte, ma di esse rimangono ancora delle tracce che cercano di restituircene una forma ideale. Così facendo, ci riappropriamo della
loro e della nostra memoria, e ci arricchiamo di esperienze che vanno oltre la nostra esistenza.
In questottica, come si può capire, i paesaggi e le figure di Caracristi sono dunque un pretesto formale, un velo che cinvita ad andare oltre, a superare la soglia dellapparenza e giungere al Pensiero che la sottende.