Favole e altre opere

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Favole e altre opere
Le illustrazioni di Enzo Bellini per le favole di Jean de La Fontaine
dalla Collezione Pivetti Casa degli Artisti Giacomo Vittone

Jean de La Fontaine, scrittore e poeta francese nato a Thierry nel 1621 e morto a Parigi nel 1695.
Le sue favole, popolate da animali parlanti ma ricche di riferimenti critici e ironici, sono caratterizzate da uno stile raffinato e semplice, vengono considerate capolavori della letteratura francese. Nonostante fosse di spirito indipendente, visse quasi tutta la sua vita sotto la protezione dei nobili dell'epoca.
Nelle sue favole, si presenta come l’erede di Esopo ed Epicuro, spesso moralità e satira sono fra i suoi metodi preferiti.
Il diritto del più forte è uno degli elementi ricorrenti nelle Favole, senza però trascurare il senso di solidarietà e di pietà verso gli infelici. Forse una delle morali complessive delle Favole è l'accettazione completa della natura umana: ad esempio La Fontaine certamente non vuole dare ragione al lupo nella Favola celeberrima, però ammette l'impossibilità di salvare l'agnello. Quando il coraggio è teso contro l'ordine della natura, si risolve in una situazione ridicola e buffa, come il gonfiarsi della rana e la goffaggine degli ipocriti.
La Fontaine esordì nel 1654 con l'Eunuque, un libero rifacimento del classico di Terenzio che mescolò la sobria eleganzia terenziana alla vivacitàella commedia francese. Ma la rivelazione delle qualità letterarie di La Fontaine emerse con il poemetto idillico Adonis, scritto tre anni dopo e rimaneggiato nel 1669. L'opera, ampiamente lodata da Paul Valèry per la purezza dei versi, descrisse gli amori di Adone e Venere.
La caduta in disgrazia di Foquet spinse il poeta a un'Elégie aux Nymphes de Vaux ("Elegia delle ninfe di Vaux") nel 1661 e tre anni dopo ad un azzardata Ode au Roi pour M. Foquet ("Ode al Re per M. Foquet") e la discussa raccolta di Nouvelles en vers tirées de Boccace et de l'Arioste ("Novelle in versi tratte da Boccaccio e da Ariosto"), a causa della licenziosa Joconde. In qualunque caso nella prima parte della raccolta già si pregustò l'atmosfera delle Favole. Il successo ottenuto dalle novelle indusse l'autore a ristamparle, ampliandole, in Contes et nouvelles en vers ("Racconti e novelle in versi") nel 1666 dove già il lettore venne immerso nell'elemento magico tipico delle Favole.
In seguito riuscì a pubblicare una prima raccolta di Favole nel 1668 (dal primo al sesto volume in centoventiquattro episodi) intitolata Fables choisis mises en vers ("Favole scelte diversificate") e una seconda nel1679 (dal settimo all'undicesimo, mentre un dodicesimo fu pubblicato successivamente); molte di queste favole saranno illustrate dal Dorè nel1867.

Prima raccolta
Nella prima raccolta, il primo libro descrive soprattutto l'esperienza familiare, la libertà, la saggezza politica e la priorità del talento sulla forza; il secondo libro temi della vita politica e sociale, della Provvidenza e dell'astrologia, della debolezza e della relatività; il terzo libro è incentrato sulla indipendenza del pensiero e sulla speranza nella rivincita; nel quarto libro l'autore focalizza l'arte del vivere e le questioni ereditarie; nel quinto i temi preferiti dall'autore sono quelli della cupidigia e dell'ambizione, della satira politica e del lavoro; nel sesto prevale il tema della fantasia e della poesia, assieme alla satira anticolbertiana.

Seconda raccolta
Nella seconda raccolta, il settimo libro si occupa delle chimere e delle rapacità; l'ottavo libro intesse i cicli dell'ignoranza, della saggezza e della ricchezza; il nono libro si basa sul ciclo della follia, dell'inganno, dell'immaginazione e dell'intelligenza; il decimo libro è incentrato sui cicli della natura, dell'avventura e dell'avidità; l'undicesimo libro affronta il tema della regalità e della crudeltà; infine il dodicesimo libro snocciola il ciclo delle passioni.
Nella seconda raccolta l'influenza di Esopo è meno presente, e gli uomini esibiscono anche in prima persona e senza camuffamenti la loro natura. Inoltre gli scritti si aprono maggiormente alle tematiche politiche e sociali di attualità e non mancono le ispirazioni orientali. Appare maggiormente evidente la simpatia per i deboli e per gli umili. Ma la peculiarità principale resta la trasposizione dei vizi e delle virtù umani nel mondo animale. Il leone resta il re di tutti gli animali, ed oltre ad esso la volpe, il lupo ed il topo sono gli altri animali meglio utilizzati come dispensatori di consigli. L'asino, invece, nelle Favole esprime significati diversi, e talvolta rappresenta il popolo, in grado di insegnare al lettore elementi di verità. La Fontaine dimostra una simpatia per la schiettezza e il coraggio del popolo così lontani dall'ipocrisia di altri ceti. D'altronde La Fontaine fu soprattutto un esponente dell'avanguardia letteraria, capace di anticipare il materialismo filosofico e scientifico dell'Illuminismo, oltre ad opporsi al progetto di grandeur delRe Sole.

Enzo Bellini, nato a Forlì nel 1932 si è formato a Torino dove subisce il fascino di Felice Casorati. Successivamente si trova a Milano per lavorare presso il laboratorio del Piccolo teatro della Città di Milano. Nel 1974 si dedica completamente al disegno e alla pittura di carattere Naif-fantastico, organizzando diverse esposizioni personali in importanti gallerie italiane. Di lui si sono interessati i più importanti critici d arte italiani. Mediante uno stretto dialogo con la realtà e mediante, anche, l’intervento della memoria che restituisce esperienze direttamente vissute.
Enzo Bellini con le favole di La Fontaine, muove alla scoperta del mondo contadino. L’immagine che ne consegue si decanta in una sfera di esemplare purezza: pur mantenendo ferme le proprie connotazioni quella realtà sembra infatti trapassare nel territorio del sogno ad occhi aperti, sembra fissarsi cioè in una atmosfera di incantesimo che ogni componente restituisce in magica levità . Cortili di casolari, intrecci di rami, arnesi di lavoro, animali da cortile incorniciano un mondo di campagna quasi superstite, che il cosiddetto progresso meccanico sta inesorabilmente distruggendo, la sede di una antica civiltà , la dimora, anzi, di un Eden possibile, nel quale trovare rifugio non significa evasione ma recupero della nostra identità deformata o smarrita.


organizzazione: Centro Studi Judicaria