Frida

Cinema

Il museo nella città
Cineforum: Cinema, pittura e fotografia

Usa/Canada, 2002
Genere: Drammatico
Durata: 119'
Regia: Julie Taymor
Cast: Salma Hayek, Alfred Molina, Geoffrey Rush, Ashley Judd, Edward Norton, Antonio Banderas, Valeria Golino, Diego Luna

La vera storia di Frida Kahlo e di suo marito Diego Rivera, pittori che hanno segnato profondamente la storia dell'arte del loro paese, il Messico. E le cui passioni amorose, i viaggi in America e le oltraggiose personalità li hanno resi leggendari.

Messico, anni '20: la diciottenne Frida Kahlo, in seguito a un gravissimo incidente d'autobus che le causerà danni permanenti alla colonna vertebrale e al bacino, è costretta a letto per lunghi mesi. Unica consolazione la pittura, a cui si dedica appassionatamente nonostante i dolori che ogni movimento le provoca. Non appena è nuovamente in grado di camminare, si presenta al pittore Diego Rivera per avere un parere sui suoi quadri. Colpito dall'originalissimo talento di Frida nonché dal suo singolare fascino, Rivera incoraggia e sostiene il lavoro della ragazza e - dopo un primo periodo di solidale amicizia e reciproca ammirazione - i due nel 1929 convolano a nozze. Quando Rivera viene invitato negli Stati Uniti per realizzare alcuni murales, Frida lo accompagna e si ritrova a dover fare i conti con la leggerezza del marito, facile alle relazioni extra-coniugali. Frida rimane incinta ma subisce un aborto spontaneo e riversa nuovamente il suo dolore nella pittura. Tornati in Messico, Diego ha una relazione con la sorella di Frida, e i due coniugi si separano.
Nel 1937 - su richiesta di Rivera - Frida ospita l'esiliato Leon Trotzsky, e ha una relazione con lui. Dopo l'assassinio del rivoluzionario russo, Frida si reca a Parigi per la mostra organizzata per lei da Breton, e quando torna in Messico è decisa a riavvicinarsi a Rivera, il quale invece chiede il divorzio. Dopo che la malattia di Frida peggiora, Rivera torna da lei e i due si sposano nuovamente, per restare insieme fino alla morte di Frida, avvenuta nel 1954.

Un film voluto, fortissimamente voluto dalla protagonista e produttrice Salma Hayek, che ha impiegato ben undici anni per veder realizzato il progetto "della sua vita" al quale si è dedicata anima e corpo, al punto di farsi applicare tanto di sopracciglia e baffetti posticci, imbnittendosi decisamente, per cercare di convincere anche noi del processo di simbiosi avvenuto tra lei e Frida Kahlo (1907-1954).

Nonostante le buone intenzioni e il riconoscibile sforzo della cara Salma per rendere omaggio alla straordinaria figura della pittrice messicana, il risultato però è deludente: ci troviamo, infatti, di fronte al classico biopic hollywoodiano targato Mira-max, presentato in pompa magna all'inaugurazione dell'ultimo Festival di Venezia in una improbabile "versione originale" tutta in lingua inglese, nonostante l'am-bientazione prevalentemente messicana. Il personaggio della Kahlo, intendiamoci -praticamente sconosciuto fuori dal Messico fino agli anni '80 - è affascinante, e così appaiono di grande interesse le sue opere. Esse esprimono la parte più cruda e più vera della sua persona lacerata e della sua tormentata personalità secondo dinamiche ed emozioni così drammatiche da farle apparire, è stato detto, l'incarnazione «della lunga storia del Messico fatta di conquiste, sofferenze, orgoglio e oppressioni». Peccato però che in questa riduzione cinematografica tratta dal romanzo biografico di Hayden Herrera apparso nel 1983 e ristampato al volo, nel 2002, da Baldini e Castoldi, non si sia riusciti ad andare più in là di un compitino calligrafico dove, episodio dopo episodio, fanno capolino i sosia di tutti i personaggi famosi incrociati dalla nostra artista nel corso della sua vita. A parte la rappresentazione ridicolmente pietosa di Leon Trotzsky (Geoffrey Rush), un giuggiolone che sospira e fa moine ad ogni passaggio di Frida, anche la carrellata degli altri personaggi, da Picasso a Breton, da Siqueiros (Antonio Banderas) a Rockefeller e a Tina Modotti, non riesce a superare i cliché più ovvi e banali. Per non parlare della raffigurazione di Parigi, con i tavolini all'aperto e i giovani artisti con baschetto e occhialini che chiacchierano sorseggiando caffè come in un quadretto per turisti. Personaggi, situazioni, eventi storici da figurine Liebig. Sicuramente più convincente è invece il personaggio di Diego Rivera interpretato da Alfred Molina, abbondante ed eccessivo, egocentrico ed infantile, esuberante o depresso a seconda delle circostanze. «Un elefante che sposa una colomba», commenta la madre di Frida al momento delle
nozze, e in effetti la figura della Kahlo (e probabilmente anche la sua arte, riconosciuta a pieno titolo solo dopo la sua morte) spesso scompare a fianco del pittore comunista, da una parte affascinato dal lusso e dal bel mondo, ma dall'altra sufficientemente orgoglioso da rifiutarsi di cancellare il volto di Lenin dal murale commissionato per il Rockefeller Center di New York. A proposito di interpreti val la pena di rilevare la presenza di Valeria Golino nei panni della prima moglie di Rivera, ma solo per dire che è giusto una presenza. L'originalità e il gusto per la ricerca che la regista Julie Taymor, nonostante le riserve, ci aveva fatto assaporare con il suo film precedente, Titus, riescono a fare capolino in questa pellicola solo in certi momenti, quando la visionarietà e gli eccessi cromatici che contraddistinguono le opere di Frida Kahlo prendono il sopravvento sul racconto. Memorabile a questo proposito la lunga sequenza al ralenti dell'incidente d'autobus che provoca la successiva infermità della protagonista, risolta visivamente secondo una chiave figurativa in qualche modo legata all'arte della Kahlo. In questo momento la sua vita, la sua integrità fisica, le sue certezze (la scuola, il fidanzato, l'agiatezza della famiglia), subiscono un rovesciamento totale, ed ecco che l'incidente è visualizzato con estenuante ma efficacissima minuzia, e concluso con una pioggia di polvere dorata che si spande sui rottami e sul corpo martoriato di Frida. Dopo un tale inizio, ci si aspettava ben altro.
Cecilia Comuzio in Cineforum n°423


organizzazione: Museo Civico di Riva del Garda