Fuga da Auschwitz
Un'altra stagione
Giorno della Memoria
Il teatro delle quisquilie
Fuga da Auschwitz
con Filippo Fossa, Massimo Lazzeri e Adele Pardi
scenografie di Andrea Coppi
luci di Stefano Mazzanti
musiche di Adele Pardi e della tradizione ebraica
drammaturgia di Filippo Fossa e Massimo Lazzeri
regia di Massimo Lazzeri
È l'aprile del 1944. Due ebrei slovacchi, Rudolf Vrba e Alfréd Wetzler, riescono a fuggire dal lager di Auschwitz-Birkenau e dettano ai capi della comunità ebraica un rapporto dettagliato e preciso sullo sterminio e sul folle progetto della "soluzione finale", nella speranza di arrestare i terribili piani di Adolf Eichmann. La storia seguì un corso diverso e i treni carichi di deportati continuarono a viaggiare, portando centinaia di migliaia di persone verso le camere a gas. Prendendo spunto dagli scritti degli stessi Vrba e Wetzler, in particolare da "I protocolli di Auschwitz", lo spettacolo veicola informazioni rigorose dal punto di vista storico, ma soprattutto racconta la storia di un'avventura verso la sopravvivenza e, oltre, verso la testimonianza di orrori che non si possono raccontare. Si devono raccontare. La storia di due ragazzi, uguale a quella di milioni di altri esseri umani, dei sogni che non sono diventati realtà e della realtà che è diventata incubo, ma soprattutto della speranza che, attraverso la loro fuga e la loro parola, troverà a sua volta una strada per manifestarsi.
La drammaturgia crea una situazione veritiera e cerca di sottolineare la tensione, le paure, le speranze dei due giovani ebrei slovacchi. Viene però lasciato ampio spazio alla teatralità: in scena due attori e un'attrice, con violoncello, melodica e percussioni. Tutti e tre recitano, cantano e suonano: i due attori interpretano il ruolo dei due amici, che progettano e attuano la loro fuga e che raccontano ai rabbini gli orrori del lager. L'attrice è la fidanzata di uno dei due, ma rappresenta anche un personaggio "altro", che è al di fuori e al di sopra, e che, con il violoncello e la voce, sottolinea i momenti di paura, scandisce il ritmo delle frustate e i passi della fuga, descrive i passaggi di tempo e di luogo.
La musica e l'autoironia sono due ingredienti fondamentali della cultura ebraica, e lo sono anche di questo spettacolo: un flashback porta i due attori e l'attrice in un atmosfera da cabaret, in un caffè di Bratislava in cui loro suonano, cantano e raccontano storielle divertenti. Ecco quindi che narrazione, recitazione e musica si sovrappongono, si intrecciano e creano una ritmata e incalzante atmosfera di suspance. Luci e suoni, parole e note, strumenti musicali e voci si fondono, per essere testimonianza del passato e messaggio di pace per il futuro.
organizzazione: Teatro delle Quisquilie - ariaTeatro