Giuseppe Angelico Dallabrida
Sabato 7 febbraio ad ore 18.00 verrà inaugurato il primo degli eventi del PROGETTO M.A.G. (Museo Alto Garda) come evidenziato qui sotto.
In questo modo prende avvio ufficiale il progetto MAG, che era stato sancito il 15 dicembre 2008 attraverso la firma del protocollo di intesa fra il Museo di Riva del Garda e la Galleria Civica G. Segantini, alla presenza dei due Sindaci di Riva del Garda (Claudio Molinari) e di Arco (Renato Veronesi).
A cura di Giovanna Nicoletti
Nella prima mostra del 2009, la Galleria Civica di Arco indaga, attraverso 40 oli, lopera di Giuseppe Angelico Dallabrida, che visse tra il 1874 e il 1959 attraverso alcuni luoghi caratteristici del Trentino, da Caldonazzo, ad Arco, a San Michele allAdige. Opere nelle quali il paesaggio è utilizzato come appunti biografici di una vita itinerante, attraverso le tappe dei maestri trentini che maggiormente lo hanno ispirato, Eugenio Prati, Bartolomeo Bezzi, lo stesso Giovanni Segantini.
Se, come ci dice la direttrice della Galleria Civica Giovanna Nicoletti, il clima artistico nel quale si forma è quello tardo romantico delle Accademie di Venezia e di Milano, Dallabrida preferisce però rifugiarsi nella quiete della sua terra e immergersi nella totalità del paesaggio montano, unico luogo nel quale sa trovare la sua ispirazione.
Poche le date sicure per la sua estesa produzione, unica certezza è il periodo trascorso in Moravia durante la Grande Guerra, quando sfollato assieme agli altri trentini venne trasferito nel campo di Mittendorf. Le opere di questi anni sono realistiche e piene di tristezza, quasi delle cronache della miseria e della malinconia vissute dai Trentini profughi nellImpero austro-ungarico.
Al termine della guerra Dallabrida rientra in Trentino e ai suoi paesaggi ripetuti più e più volte: le vedute del lago di Caldonazzo o quelle di San Michele e Grumo, le composizioni delle Bagnanti che spesso si trasformano in veri e propri paesaggi. Dallabrida spiega, a questo proposito, la curatrice Giovanna Nicoletti ha dipinto su materiali tra i più vari, da supporti cartacei, a tele di sacco, o pezzi di legno. Gli impasti cromatici usati dal pittore sono inusuali e ancora sconosciuti dal punto di vista della composizione: si sa che Dallabrida cercava di creare un rapporto vero tra lopera e la natura e per questo molti colori sono stati realizzati mescolando materiali organici o erbe. Usava poi osservare da lontano leffetto delle sue opere e qualche volta vi lanciava contro il pennello in modo che il colore schizzasse disordinatamente sulla superficie della tela per dare un effetto di maggiore omogeneità.
Il suo approccio al mondo dellarte rientra più nella categoria romantica di colui che si immedesima con loggetto ritratto non descrivendo la terra ma le sensazioni percettive che questa emana ci dice a sua volta il critico, Fiorenzo Degasperi In questottica la pittura dellartista rimanda alla propria geografia interiore. Egli si muoveva costantemente tra Caldonazzo e Mezzolombardo, transitando per Trento, utilizzando una vecchia bicicletta senza sella, atta a trasportare le tele e larmamentario del proprio mondo pittorico. E ogni tanto si fermava, prendeva la tela, pennelli e tavolozza, dipingendo ciò che lo aveva, in quel preciso istante, colpito. Una luce, una nube, una particolare atmosfera, una situazione.
Tra gli aneddoti ve nè uno che rimane alla memoria, come ricordato da Degasperi: Nel 1937 Dallabrida si recò a Roma, assieme a Bruno Colorio e Fortunato Depero, invitati a pranzo da Benito Mussolini, per una premiazione. Lui abituato a risparmiare fino allultimo soldo per poter acquistare il materiale che gli permettesse di continuare la sua attività di pittore e di sognatore, prese dal piatto la sostanziosa bistecca per riporla nel portafoglio vuoto. Poteva servire in seguito. Uomo essenziale, daltri tempi, maestro dellatmosfera del paesaggio.
Giuseppe Angelico Dallabrida
(Caldonazzo, 1874-1959)
Nasce a Caldonazzo il 17 agosto del 1874 da Bernardino Brida e Maria Molini. Incoraggiato fin da piccolo alla pittura dallartista Eugenio Prati, coltiva questa passione fin dallinfanzia.
Si trasferisce per un breve periodo ad Arco nel 1894 lavorando come garzone presso un negozio di alimentari. Ritornato in Valsugana, nel 1910 parte per Milano dove studia con Filippo Carcano, maestro di Bartolomeno Bezzi, formandosi nellambito della scapigliatura lombarda.
Successivamente è a Venezia dove frequenta lAccademia di Belle Arti. Qui incontra i trentini Umberto Moggioli, Tullio Garbari e gli altri portagonisti di Cà Pesaro. Di indole mite e introversa, lascia ben presto leffervescente ambiente veneziano e incomincia a viaggiare in Italia.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale è a Mittendorf, in Moravia, seguendo il destino di molti conterranei sfollati. Ritornato in Trentino vive tra Mezzolombardo e Caldonazzo, soggiornando anche a Molveno e a Toblino.
nizia ad esporre nel 1924 partecipando alla II Mostra darte della Venezia Tridentina di Bolzano. Fino agli anni Quaranta espone ininterrottamente alle mostre organizzate dal Sindacato Interprovinciale Fascista a Trento e a Bolzano.
Durante la seconda guerra mondiale continua la sua vita da vagabondo, trascorrendo molto tempo a Caldonazzo dalla sorella minore. Muore a Caldonazzo il 25 febbraio 1959.
organizzazione: Comune di Arco Assessorato alla Cultura