Il Settecento al Cinema

Cinema

Ala Città di Velluto 2005

Introducendo nel 1979 la sua splendida lettura cinematografica del Don Giovanni di Mozart - Da Ponte ambientandola fra architetture cinquecentesche e venete del Palladio Joseph Losey parafrasa Antonio Gramsci e interpreta il Settecento come un'epoca storica morbosa nella quale il nuovo che emerge non è ancora riuscito ad affermarsi su un mondo vecchio e decrepito ormai in stato comatoso. Il protagonista con cinica freddezza afferma la propria individualità e la propria distanza da ogni morale fino al punto di sfidare i confini della natura rappresentati dalla morte e dall'aldilà.
Sostanzialmente una visione affine è quella che tre anni prima nel 1976 aveva proposto Federico Fellini con il suo notturno e angosciante Casanova che mette in scena un mondo inconsapevolmente in pieno disfacimento con il protagonista che si muove da una nazione all'altra d'Europa accompagnato da un modo di essere leziosamente elegante, ipocritamente forbito e inutilmente fastoso, presuntuoso e incapace di cogliere quanto gli accade intorno. Casanova è una sorta di avo di Marcello, il protagonista di La dolce vita, a suggerire ­ come anche Losey ha fatto in gran parte dei suoi film inglesi ambientati nella contemporaneità ­ che l'Occidente della fine del secolo scorso ha accentuato il suo tramonto.
Don Giovanni, Casanova, così come il visconte di Valmont e la marchesa di Merteuil, coprotagonisti nel 1988 di Le relazioni pericolose di Stephen Frears, sono dei corruttori amorali per i quali la seduzione è un esercizio subdolo di potere personale mentendo radicalmente sull'importanza dei sentimenti.

Sono eroi negativi preromantici che disprezzano gli altri, oggetti di gioco e di conquista, e che non riescono a considerare l'amore se non come un rito sociale costruito sull'ambiguità e la menzogna e il sesso come un mero atto fisico ripetitivo (metaforicamente rappresentato da Fellini nella gabbia che racchiude un uccello meccanico che accompagna Casanova nelle sue "donnesche imprese").
Come ogni vero autentico genio il Mozart di Amadeus di Milos Forman riesce a cogliere la smania di libertà e di pulizia (che scaturisce solare in Il flauto magico) che faticosamente si fa strada con gli illuministi. Ma, in fondo, è un fragile e infantile tentativo, non compreso e duramente osteggiato.
Con un atteggiamento più attento alla complessità del secolo nel 1975 Stanley Kubrick con Barry Lyndon racconta le asprezze e le discutibili basi etiche della rivoluzione industriale e del colonialismo imperiale britannico tutto caratterizzato dal denaro e dalla proprietà. Barry è un arrampicatore sociale perfettamente inserito nello spirito dell'epoca: tra una guerra europea e l'altra, tra una diserzione e un intrigo, tra una corte e una villa, una sala da giochi e una da tè conquista la propria fortuna con spregevoli comportamenti che considera degni di un gentiluomo e la perde quando dimentica che l'onore deve sempre essere sacrificato al proprio tornaconto. Già perché in Gran Bretagna il Settecento è l'incubatore del dominio imperiale e capitalistico.
Eduard Molinaro nel 1996 ci propone L'insolente Beaumarchais come un anello di passaggio dalla crisi della Francia dell'assolutismo monarchico a quella dei primi sommovimenti della Rivoluzione, con la quale con dolore e con il sangue il mondo nuovo finalmente si propone in tutti i suoi entusiasmi e con tutta la sua forza dirompente.
E se, invece, fosse tutta un'illusione? E se il mondo nuovo edificato sulla morte del proprio re e sulla negazione della storia secolare di una società di un'epoca violenta e barbara incapace di dare all'uomo quanto aveva promesso? Se lo chiede insistentemente Erich Rohmer nel 2000 in La nobildonna e il duca e la risposta che ci consegna è quello del disincanto. Forse lo stesso che l'uomo d'avvio del terzo millennio si trova costretto a coltivare suo malgrado. In fondo il cinema ha sempre guardato il Settecento come uno specchio antico che riflette umori della contemporaneità, sempre senza nostalgia e con un forte senso di inquietudine.
Gianluigi Bozza

Immagini significative tratte da:
• Il Casanova di Federico Fellini (Federico Fellini, Italia, 1977)
• Barry Lindon (Stanley Kubrik, Uk, 1977)
• Le relazioni pericolose (Stephen Frears, Uk, 1988)
• La nobildonna e il duca (Eric Rohmer, Francia, 2001)
• Amadeus (Milos Forman, Usa, 1984)
• Don Giovanni (Joseph Losey, Italia/Germania/Francia, 19798)
• L'insolente (Eduard Molinaro, Francia 1996)


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