Il minestrone
Effetto Notte. Cineforum 2005/2006
Italia, 1981
Titolo originale: Il minestrone
Genere: Drammatico
Durata: 104'
Regia: Sergio Citti
Cast: Roberto Benigni, Franco Citti, Ninetto Davoli, Daria Nicolodi, Fabio Traversa, Giorgio Gaber, Olimpia Carlisi, Franco Javarone, Carlo Monni
sceneggiatura: Sergio Citti, Vincenzo Cerami
fotografia: Dante Spinotti
montaggio: Nino Baragli
musica: Nicola Piovani
scenografia: Dante Ferretti
produzione: Rai Medusa
Due morti di fame, per mettere qualcosa sotto i denti, debbono frugare nei sacchi dellimmondizia, contendendo i rifiuti ai cani, finiscono in prigione e, liberati, fanno amicizia con il Maestro, abilissimo nellabbuffarsi nei ristoranti e poi squagliarsela senza pagare. Finita male la prima esperienza dalloste Attilio (per darsela a gambe dopo una memorabile scorpacciata a ufo, sono caduti in una pozza dacqua fredda e sporca, che li ha fatti vomitare), i tre salgono su un treno merci, che li porta in Toscana. Qui tentano di ripetere il colpo in una trattoria di campagna, ma ne sono dissuasi dallabitudine che hanno i padroni di girare armati e di mettere ai ceppi chiunque li derubi: liberato un cameriere-ladro, e da lui ricambiati, dopo che certe contadine, alla cui mensa avevano cercato di mangiare a sbafo, li avevano legati a un palo, i tre, cui ora sè aggiunto il cameriere, capitano in un ex ristorante mutato in impresa di pompe funebri, dove vivono una spiacevole avventura con un cadavere e la sua bara
Geniale parabola della insopportabile privazione, Il minestrone non ricorre al macchiettismo regionale per dipingere persone e storie di varia disperazione, ma cattura lessenza di un Paese che non offre asilo ai derelitti, che punta lindice contro le espressioni umane della miseria e cela insidie e meschinità ad ogni angolo. La fame degli antieroi in cammino mostra il suo aspetto deteriore perché atavica ed impossibile da soddisfare: via via più numeroso, il drappello di diseredati inghiotte amarezze e vessazioni, ma non trova il modo di sedersi dinanzi ad una tavola imbandita. Dinanzi alle porte chiuse, lindigenza urlata scompostamente è puro smarrimento, proprio come in Accattone di Pasolini, in cui langoscia delle borgate è intrisa di fatale rassegnazione. In una memorabile apparizione, Giorgio Gaber scende, quale inaffidabile deus ex machina, ad indicare, sul finale, la direzione ai famelici pellegrini. Armato di flebo, anziché di pastorale, tale improbabile Messia li avvierà definitivamente verso il nulla senza ritorno. Spiazzante riflessione sulle povertà estreme, Il minestrone spruzza di neorealismo la cinematografia italiana dellinizio degli anni 80 che, in molte occasioni, nascondeva con colorate paillettes gli spietati morsi della fame di autori incapaci di servire allettanti proposte per il grande schermo. Uno sguardo acuto e spiazzante su unItalia che, a tratti, sembra la versione nera del Pinocchio di Collodi con attori in stato di grazia, tra i quali un Roberto Benigni non ancora sulla cresta dellonda.
organizzazione: Circolo del cinema "Effetto notte"