Il miracolo

Cinema

La rassegna cinematografica “Cinema in mostra” che propone i migliori film premiati alla 60^ Mostra d’arte cinematografica di venezia, prosegue mercoledì 18 febbraio con “Il miracolo”, premio città di Roma per il miglior film.
Dopo Pizzicata e Sangue vivo, il giovane Edoardo Winspeare racconta la toccante vicenda di un bambino, Tonio, che viene investito da un'automobile e proprio al momento dell'impatto vede qualcosa che gli cambierà la vita. Dopo aver ripreso conoscenza in ospedale, il ragazzino si avvicina ad un uomo in fin di vita: un solo contatto e il cuore dell'uomo riprende a battere. Un miracolo? Il bambino si convince così di possedere strani poteri taumaturgici, ma in realtà il vero miracolo lo compie riscattando dall' autodistruzione la ragazza che lo aveva messo sotto.
Edoardo Winspeare, nato a Klagenfurt nel 1965, vive da sempre nel Salento. Regista atipico e introverso per un film insolito e anomalo nel panorama italiano, forse in qualche modo preceduto dal recente "Io non ho paura" di Gabriele Salvatores.

Italia, 2003
Genere: Drammatico
Durata: 92'
Regia: Edoardo Winspeare
Cast: Claudio D'Agostino, Stefania Casciaro, Carlo Bruni, Anna Ferruzzo, Angelo Gamarro, Rosario Sambito, Luca Cirasola, Frank Crudele, Cosimo Cinieri, Celeste Casciaro

Tonio è un bambino di 12 anni. Un giorno viene investito da un'automobilista (Cinzia) che poi scappa spaventata senza prestargli soccorso. Prima di perdere i sensi Tonio vede qualcosa che cambierà la sua vita. Portato in ospedale si risveglia dal coma. Lì, aggirandosi per i corridoi e le stanze durante la notte, viene casualmente in contatto con un uomo in fin di vita: l'elettrocardiogramma sul monitor è una linea piatta, ma quando Tonio gli si avvicina e lo tocca, il suo cuore riprende il battito normale. E' stato un miracolo?

La Mostra di Venezia ha reso quest'anno giustizia ad Edoardo Winspeare, in concorso con il suo terzo lungometraggio Il miracolo, giovane regista che - nonostante il nome - è un regista italiano, orgogliosamente salentino, come spesso lui stesso tiene a precisare. Rende giustizia perché Winspeare è autore di film come Pizzicata e Sangue vivo (ambedue ambientati nel Salento e parlati in dialetto), che sono stati osannati nei festival internazionali di tutto il mondo, mentre in Italia hanno avuto una pessima distribuzione e sono stati ingiustamente relegati alla visione di uno sparuto gruppo di cinefili. Fa piacere che le forze fresche del nostro cinema abbiano lo spazio che si meritano, calcando le scene di un festival importante come Venezia.

Il miracolo è un film per molti aspetti diverso dai due precedenti. Dalle solari e sanguigne campagne del Salento si passa alla città di Taranto, il mondo dei contadini lascia il posto alla borghesia, il dialetto leccese ad uno strano impasto linguistico tra italiano e tarantino. Un cambiamento totale non solo di scene ma anche di riferimenti sociali ed ambientali che riflettono la volontà di Winspeare di rinnovarsi e di uscire fuori dal regionalismo nel tentativo di imporsi come autore a tutti gli effetti. Il film riflette nella sua struttura il coraggio e i rischi di questo tentativo: le sue luci e le sue ombre consistono nel fatto che Winspeare ha tra le mani qualcosa di nuovo, a partire proprio dalla storia. La sceneggiatura è infatti stata scritta da Giorgia Cecere, ed è la storia di un bambino, Tonio (Claudio D'Agostino), che dopo essere stato investito da Cinzia (Stefania Casciaro), ragazza disadattata, si sente dotato di poteri che gli permettono di compiere miracoli. Il film procede, in maniera molto semplice, raccontando il nuovo rapporto che Tonio dopo l'incidente instaura con le cose e le persone che gli vivono accanto, ed in particolare con i due genitori, ma soprattutto con Cinzia, che egli continuerà a cercare ed accompagnare fino alla fine.

Nonostante la storia possa far pensare ad una sorta di rifugio mistico, la base da cui parte Winspeare è assolutamente realista: il meccanismo del disfacimento della famiglia borghese, travolta e soffocata dalle vicissitudini esistenziali e da un mondo esterno ad essa pronto a chiudersi ad ogni ricerca di aiuto, una città in preda alla speculazione, all'arrivismo più opportunista, una comunità di gente sola, in affanno perenne nella sincerità delle relazioni umane. E' in contrasto a questo tipo di ambiente che invece la figura di Tonio diventa esemplarmente diversa e ciò spiega molto chiaramente perché il protagonista della storia è un bambino. E' il suo modo di rapportarsi al mondo che è diverso, lo sguardo di chi cerca di trovare (non sempre riuscendoci) la bellezza dove il resto degli uomini non la cerca. L'operazione non ha nulla di mistico né di paranormale, è assolutamente umana e la quotidianità così realistica di tutto il film la rende ancora più credibile. Chiaramente la storia si sviluppa su questo binomio, su questa differenza di visione e di rapporto, con Tonio da una parte e il resto dei personaggi dall'altra.

Il miracolo vero che il bambino riesce a compiere è quello, molto più profondo, di condurre per mano gli adulti verso il disvelamento della loro essenza propria e di aiutarli a recuperare quella sincerità, ma anche quel coraggio di vivere che nell'animo umano deve continuare a resistere e ad uscir fuori. Il commovente finale non è altro che un episodio di salvezza umana che arriva nel momento più scoraggiante e triste del film - come a dire che per fare i miracoli non occorre avere dei poteri eccezionali.
Continua su www.drammaturgia.it