Il mito della montagna. La pittura di montagna dopo Segantini
Anniversario Segantiniano
Il mito della montagna. La pittura di montagna dopo Segantini
a cura di Giovanna Nicoletti
mostra in collaborazione con il Comune di Nago Torbole
Sulla scia delle visioni segantiniane, si afferma in Trentino, allinizio del Novecento, una sensibilità particolare nella raffigurazione della Natura che ha una duplice veste, descrivere il vero ed esplorare lumano.
Siamo già alla fine dellOttocento ci dice la curatrice, Giovanna Nicoletti quando Giovanni Segantini lascia una traccia forte nella storia della raffigurazione del paesaggio, attraverso unare capace di parlare al cuore. La realtà della montagna è la rappresentazione stessa di un luogo mitico nel suo desiderio insito di conquista, di comprensione; in questo senso, allinizio del XX secolo, lesperienza della montagna coincide con la frenesia per la sua conquista, con il desiderio della scalata. Ma la mostra Il mito della montagna non rappresenta soltanto il camminare per le alte vette cercando di ascenderle, quanto anche osservare e annotare tutto quanto sta intorno.
Nella mostra allestita prima a Nago e poi alla Galleria Civica di Arco, lacquaforte di Dario Wolf intitolata, appunto, Il mito della montagna (1927) idealmente vuole essere il filo conduttore delle esperienze degli artisti trentini che, nei primi decenni del Novecento, pur risentendo del clima culturale di rinnovamento dei linguaggi, realizzano nella descrizione della montagna un centro simbolico di forte attrazione e di esperienza.
Dopo Segantini, i primi ad elaborare il tema della natura, verso la fine dellOttocento, sono Bartolomeo Bezzi, Romualdo Prati ed Eugenio Prati, con paesaggi che sembrano essere senza limiti, dove le atmosfere soffuse e vaporose assorbono ogni energia. A segnare il passaggio da paesaggio pastorale a quello urbano è Alcide Davide Campestrini, che ambienta le sue scene su scorci urbani. La lezione simbolista, e più propriamente divisionista, è incarnata da Luigi Ratini e da Tullio Garbari. Luigi Bonazza, accanto alla produzione di manifesti collegati al tema della montagna, riprende, invece, con Dario Wolf e Attilio Lasta lesperienza della luce.
La mostra Il mito della montagna approfondisce anche la ricerca di altri artisti come Umberto Moggioli, che riprende alcune influenze di derivazione veneziana, Gigiotti Zanini con suoi paesaggi ingegnui e onirici, o di Carlo Bonacina, Gino Pancheri, Fortunato Depero, Cesarina Seppi e Onkè Pezolli, che raccontano la montagna attraverso il protagonismo quasi monumentale dei propri soggetti, senza dimenticare Gottfried Hofer, Angelico Dallabrida, Hans Lietzmann, Guido Polo e Bruno Colorio che leggono la montagna in modo realistico ma denso di valore simbolico.
organizzazione: Comune di Arco Assessorato alla Cultura