In nome di nessuno - giocando a carte con la storia

La nuova produzione di EstroTeatro e Teatro E “In nome di Nessuno – Giocando a carte con la storia” va in scena al Cinema Teatro paradiso di Folgaria

Teatro
In nome di nessuno - Giocando a carte con la storia [ Estroteatro]

 

La pièce ha debuttato all’interno della rassegna “Off / Sanbàpolis Residenze Diffuse 2015”. Protagoniste dello spettacolo le figure di Margaret Thatcher, Salvador Allende, Gesù e Lee Harwey Oswald impegnate in una mano di carte che rivelerà conflitti e relazioni, visioni e compromessi in un dialogo serrato, ironico e acuto tra i quattro giocatori.

In scena Giuseppe Amato, Alessio Dalla Costa, Andrea Deanesi e Beatrice Uber per la regia di Mirko Corradini e la drammaturgia di Alberto Frapporti.

“In nome di nessuno – Giocando a carte con la storia” parte da un interrogativo: cosa accade se quattro persone infelici si siedono attorno a un tavolo, quattro bicchieri e una bottiglia, un mazzo di carte usate che portano addosso anni di vita vissuta, odori, mani? Una parola in più, uno sguardo di troppo e può scoppiare la guerra. Strategie, alleanze, obiettivi, tradimenti, convenienze, bluff, interessi, e tutto racchiuso in 52 carte da gioco.  E se a giocare, rispolverando i ricordi, scherzando tra un bicchiere e l’altro, prendendosi per i fondelli fossero Margaret Thatcher, Salvador Allende, Gesù e Lee Harvey Oswald?

È questo lo spunto da cui nasce lo spettacolo per Mirko Corradini, curatore anche della regia e dell’ideazione scenografica, mentre la drammaturgia è frutto della penna di Alberto Frapporti. Sul palco Giuseppe Amato, Alessio Dalla Costa, Andrea Deanesi e Beatrice Uber.

Una mano di carte, una situazione informale, si trasforma in un gioco fatto di conflitti e relazioni. Tutto, in questa prospettiva, assume le sfumature del gioco con i suoi bluff, le sue strategie, la sua percentuale di rischio e d’imprevedibilità che equivale all’incertezza, a quello spazio nel quale le proprie convinzioni crollano e si è costretti a confrontarsi con l’altro a riconsiderare tutto dal principio per cercare di uscire da questo luogo.

Un dialogo fitto, serrato, a tratti ironico, giocoso, teso. La parola “gioco” è la chiave che apre alla molteplicità dei suoi significati e delle possibili interpretazioni. Sulla scena il linguaggio si carica d’ironia, quella raccolta e amplificata dai gesti e dalle parole dei quattro protagonisti seduti attorno al tavolo. Un dialogo che si avvita su se stesso, si contorce e si riflette attraverso il pubblico, che progressivamente si ritrova costretto a mutare l’oggetto del suo sguardo e a confrontarsi con il significato di quei gesti e di quelle parole che riecheggiano la quotidianità.

Un riflesso accentuato dalla particolare collocazione degli spettatori, che sarà disvelata solo al momento dell’ingresso in sala. Ma lo sguardo non si ferma e dal pubblico torna sul palcoscenico costringendo gli attori a gettare la maschera, rivelando i trucchi, e a giocare a carte scoperte in una partita che racconta la loro stessa vita, un pretesto per confrontarsi con la storia di cui sono in diversa misura artefici e vittime.

I protagonisti raccontano le loro storie, i loro perché, le loro morti, tutte diverse ma legate da un filo conduttore: l’umiliazione nel corpo. Allende suicidato o ucciso, Lee Oswald giustiziato dopo essere stato imputato come unico responsabile dell’omicidio di Kennedy, Margaret Thatcher il cui corpo “di ferro” è stato colpito dalla malattia e Gesù Cristo crocefisso. Si parla della guerra, dei conflitti, delle loro motivazioni e dei loro interessi, e a parlarne sono coloro che hanno incarnato quei poteri, che hanno rappresentato l'immagine pubblica di chi decide la direzione da prendere.

La tensione sale, la partita entra nel vivo, gli occhi diventano sottili, i sorrisi tirati, le mani si muovono lente, le parole divengono contate; partono le accuse, si attribuiscono responsabilità, ci si sente messi sotto tiro, si prova a reagire, si cercano alleanze pur di non soccombere. Una parola di troppo, un gesto e scatta il conflitto.

Uno spettacolo che nasce dal desiderio di non rimanere a spiare dalla finestra quello che accade nelle stanze del potere, ma di indagare, porre domande in un virtuale confronto con chi, forse, potrebbe detenere le chiavi per decifrare il mondo che ci circonda con le sue logiche e i meccanismi che l’hanno condotto alla realtà attuale. Una pièce frutto della volontà di attuare quello che purtroppo accade sempre più raramente, discutere di politica attorno a un tavolo.

Costi

L’ingresso allo spettacolo prevede un biglietto di 10 euro (ridotto a 7 euro per allievi EstroTeatro, tesserati COOP e tesserati ARCI).