Incognito
La band acid jazz più famosa in circolazione
E’ una storia che arriva da lontano, la loro, ancora dai primissimi anni ’80: l’album “Jazz Funk” (perfettamente esplicativo nel titolo ed uscito nel 1981) è un culto per collezionisti con dentro alcune gemme di enorme valore, riscoprite solo col tempo (“Summer’s Ended”, ad esempio) ed all’epoca poco considerate. Ma quelli erano anni in cui certe sonorità non erano più di moda e, al tempo stesso, non era ancora iniziato il recupero in chiave vintage arrivato negli anni successivi. Il risultato è che la carriera di Maunick e degli Incognito ha dovuto aspettare il decennio successivo, gli anni ’90, per decollare: dopo tempi anche bui, in cui sembrava che la band semplicemente non avesse più ragione d’essere.
Fu proprio un collezionista di dischi e dj inglese – il più famoso di tutti: Gilles Peterson – a credere fermamente negli Incognito quando sembrava non interessassero più a nessuno, firmandoli per la propria etichetta (la Talkin’ Loud) e riproponendoli con una felice intuizione al centro della allora emergente scena della club culture: il jazz-funk di Maunick ha iniziato a flirtare con l’elettronica, con la musica house di matrice più soulful, e da lì è scoccata una scintilla che ha dato vita a hit memorabili (ad esempio, le reinterpretazioni di “Always There” di Ronnie Laws o di “Don’t You Worry ‘Bout A Thing” di Stevie Wonder) e ad una band che se con gli anni ha leggermente abbandonato le componenti più da dancefloor, al tempo stesso album dopo album è maturata tantissimo in quanto a raffinatezza, cura degli arrangiamenti, ampiezza espressiva negli stili e nelle citazioni. Il risultato è oggi una perfetta, sorridente “macchina da guerra” nei live: Maunick raduna sempre attorno a sé vocalist e strumentisti di enorme valore, tanto bravi tecnicamente (alcuni assoli, dal vivo, sanno essere davvero strepitosi e complessi) quanto dell’attitudine sorridente e positiva sul palco.
E’ così che un concerto degli Incognito diventa un’esperienza particolare, fatta di classe, euforia e gioia: lo è per la musica, nel suo equilibrio tra jazz, funk e soul; lo è per la “vibrazione” che si respira nell’interazione fra musicisti ed audience, tra palco e platea. Del resto non si rimane ad altissimi livelli per caso da più di vent’anni: un segreto ci dev’essere.
Al termine del concerto si potrà assistere gratuitamente al DJset di Luca Trevisi un vero pioniere del acid jazz in Italia.
organizzazione: Centro servizi culturali S. Chiara