Jomi, Jomi
Rivive il luogo che ha ospitato, dal ‘200 al ‘600, la comunità ebraica di Mori e la sua prima banca locale.
In occasione del 70° anniversario della liberazione di Auschwitz, rivivrà, con canti ebraici e yiddish in lingua originale, letture di storielle ebraiche (Witz) ed un particolare ricordo della Shoah, il luogo che ha ospitato, dal ‘200 al ‘600, la comunità ebraica di Mori e la sua prima banca locale.
All’ingresso della manifestazione gli spettatori potranno appuntarsi sul petto uno a scelta dei triangoli colorati (giallo, stella di David,-ebrei, rosso-politici, verde-criminali, blu-emigranti, viola-Testimoni di Geova, rosa-omosessuali, nero-asociali, marrone-zingari) che distinguevano i prigionieri nei campi di concentramento.
Con: CORO ANTHEA sezione femminile, MAURO TONOLLI chitarra, VITTORIO PASSERINI violino, GIANMARIO BALDI presentazione storica, QUINTO CANALI direttore e narratore.
Titoli canti: Adir hu, 'Am Ysrael chay, Der Fodem, Hashyvenu, Hava naghila, Hinei ma tov, Jomi Jomi, Margariktes, Shivas Tsion, Taub, Tshiribim, Tumbalalaika, Tzur mishelo.
Il 'Ghetto ebraico' di Mori
Tutti gli storici concordano che in Trentino, così come nei più piccoli borghi italiani, non esistessero ‘ghetti ebraici’ così come strutturati ed organizzati nelle città più grandi ed, in particolare, oltralpe. Vero è che anche in Trentino, ove è esistita una comunità ebraica, questa viveva isolata, per ragioni sia di controllo che di protezione, dal resto degli abitati e degli abitanti, occupando vieppiù case e spazi contigui e comunicanti. Così anche a Mori, la cui comunità ebraica abitava, tutti concordano, l’attuale via Mirabella (a monte di Largo Villanuova, a pochi passi da Piazza Battisti ‘Zòchel’), posto strategicamente attiguo alla principale ed importante via di transito tra l’Adige e il Lago di Garda.
Alcuni studiosi (G. Boninsegna, L. Dalrì, A. Less) danno la presenza di ebrei, non si sa se ‘tedeschi’ o ‘italiani’, a Mori già dal 1200 (e forse prima), richiamati dal considerevole traffico commerciale esistente in zona, tenendo questi, per il Less, i dazi dei porti fluviali di Ravazzone e di Serravalle. A quei tempi i commerci in zona erano molto sviluppati e favoriti dal fatto che nel 1188 Morfino del fu Rambaldo da Mori, in società con altri paesani, fu investito dal Vescovo di Trento della navigazione sull’Adige fino a Bolzano, il che contribuì a rafforzare il prestigio del porto di Ravazzone e, probabilmente, a richiamare usurai ebrei. Per altri studiosi (P. Caneppele) gli ebrei arrivarono a Mori nel ‘400, probabilmente favoriti dai veneziani, quindi ebrei ‘italiani’, dalle loro attività e dai loro modelli economici e commerciali. Il Caneppele (“Nuclei ebraici nel Trentino del seicento: un sondaggio a Mori e Isera”) documenta alcuni accadimenti. Il 16 marzo 1554 il barone Nicolò Madruzzo, signore dei Quattro Vicariati, convalidò agli ebrei moriani dei “benefici precedentemente accordati”. Nel gennaio 1581 il vescovo, suffraganeo del cardinale Madruzzo, Gabriele Alessandri, durante una visita pastorale a Mori, fra altre lagnanze popolari verso gli ebrei (leggere in calce), fu informato da persone autorevoli che Alberto de’ Berti, beneficiatario (curato) di S. Margherita, allora pieve moriana, esercitava l’usura tramite gli ebrei di Mori (l’ebreo Leone). Il 12 agosto 1600 il barone Fortunato Madruzzo, signore dei Quattro Vicariati, concesse all’ebreo Sansone de Sacerdoti il ‘Privilegio’ (Autorizzazione) di esercitare l’usura da Mori su tutta la propria giurisdizione (gli attuali territori di Avio, Ala, Brentonico, Mori). Il ‘Privilegio’ si articola in 24 capitoli e può essere suddiviso in due parti: articoli che trattano e normano il banco dei pegni e articoli che regolano i rapporti tra la comunità ebraica e quella cristiana e le sue autorità. Questo documento può essere considerato il primo esempio di banca locale organizzata e regolamentata.
Dalla metà del ‘600 non si hanno più notizie di ebrei a Mori; non risulta se la comunità sia stata cacciata, se si siano fatti cristiani, se se ne siano andati senza danno allorché la borgata perse gran parte delle sue possibilità economiche per il declino del trasporto fluviale. Di certo, con la diffusione dei cristiani Monti di Pietà di Bernardino da Feltre, gli ebrei perdettero il monopolio, e margini, sul credito. A Mori, forse, qualche cognome potrebbe ancora provare origini ebraiche. Qualcuno a Mori riporta ancora ricordi di una stella di David, ora scomparsa, incisa sulla pietra in una casa di via Mirabella.
Un aneddoto da ‘El Campanò de San Giuseppe’ del 2009 che documenta casi di difficile coabitazione tra gli abitanti e la colonia ebrea di Mori.
In occasione della visita pastorale del 1581 (quella descritta in precedenza), una rappresentanza di moriani si presentò davanti ai delegati vescovili per denunciare che gli ebrei non rispettavano l’obbligo di rimanere nelle loro case dopo il coprifuoco, non portavano il distintivo di riconoscimento, erano ritenuti colpevoli di “tutti i furti finora perpetrati in Vallagarina”, di adescare le ragazze e corrompere i cristiani trattenendoli in bische clandestine ove erano abilissimi a spennare i malcapitati che accettavano di giocare d’azzardo. Il personaggio più autorevole della comunità ebrea di Mori, di nome Leone, fu citato a comparire davanti ai delegati vescovili per verificare se le accuse mosse alla sua comunità fossero fondate. Il Leone negò ogni addebito e circa la mancata ostensione del distintivo, obiettò che si trattava di una scelta obbligata, per evitare di essere aggrediti: in passato, suo fratello era stato ucciso per il solo fatto di portare quel contrassegno. Ciononostante fu imposto agli ebrei locali di indossare il distintivo, pena il pagamento di 10 ragnesi di multa.
organizzazione: Coro Anthea - in collaborazione con la Cassa Rurale Mori Brentonico Val di Gresta