L'anima gemella

Cinema

Italia, 2002
Titolo originale: L'anima gemella
Genere: Commedia
Durata: 96'
Regia: Sergio Rubini
Cast: Valentina Cervi, Violante Placido, Sergio Rubini

Un paesino del Sud Italia due giovani, Tonino e Maddalena, sono legati da un amore puro e incondizionato. La bellezza rara e spensierata di Maddalena suscita però l'invidia di sua cugina Teresa che cercherà con ogni mezzo di sottrarle il bel fidanzato Tonino, ricorrendo addirittura alle arti misteriche di una fattucchiera del paese. Ma proprio il figlio della fattucchiera, Angelantonio, un barbiere scalcagnato e truffaldino, riuscirà a sbrogliare, suo malgrado, la fitta rete di intrighi ordita da Teresa.

di Alberto Farassino
Alberto Farassino ha collaborato a lungo con il sito di kwcinema. Questa recensione l'ha scritta durante la Mostra del Cinema di Venezia nel settembre 2002

Dopo aver iniziato la sua carriera di regista con un film di ambizioni autoriali forse mal riposte (La stazione) e aver poi seguito la via di un cinema di genere di gusto internazionale (La bionda, Prestazione straordinaria), Sergio Rubini sembra aver trovato la sua strada, peraltro non molto seguita dal pubblico, riandando anche con storie ed epoche molto diverse (Il viaggio della sposa, Tutto l'amore che c'è) alle sue origini pugliesi e cercando di inventarsi un cinema meridionalista non macchiettistico o linobanfistico ma nemmeno solo sociale ed ideologico. E ora con questo suo ultimo L'anima gemella sembra aver raggiunto una formula di cinema modernamente "popolare", che guarda insieme alla tradizione e alla televisione, ai riti antichi e ai miti di oggi, che potrebbe finalmente dargli delle soddisfazioni anche al botteghino.
Non che il film faccia dei calcoli in questo senso, anzi va coraggiosamente e sfacciatamente sopra le righe, nella inverosimiglianza favolistica del soggetto (scritto con Domenico Starnone), nel disegno dei personaggi, caricaturali e ai limiti del grottesco, e nei toni dell'interpretazione, che raggiungono il culmine nel ruolo che Rubini riserva a se stesso, quello di un sordido barbiere dalle camicie impossibili e dall'avidità famelica che ordisce un piano folle e stralunato per carpire del denaro alla figlia di un ricco commerciante all'ingrosso di pesce. La quale, il giorno delle nozze, giunta finalmente sull'altare dopo mille bizze e nervosismi, ha sentito il suo promesso sposo rispondere alla fatidica domanda con un bel "no", e ora vuol fargliela pagare, non tanto a lui ma a quella maledetta bionda, molto più bella di lei, che era stata la sua fidanzata e che egli all'ultimo momento ha deciso di non abbandonare, neanche in cambio della bella quota di pescheria che lei gli porta in dote.
La fata bionda (la florida e boccolosa figlia d'arte Violante Placido) e la streghina bruna (la nervosa Valentina Cervi): ma in un certo sud, se si parla di magie e di prodigi, non è solo per fare delle metafore. E così fattucchiere, filtri e formule magiche entrano a ordire la trama del film, che regge la sfida del fantastico con buona disinvoltura e con solo rari momenti di imbarazzo, e semmai ci mette un po' troppo tempo, alla fine, per raggiungere l'inevitabile, ma pur sempre sorprendente, happy end. A metà fra la sceneggiata napoletana (con strilli, imprecazioni, sbracciamenti e un riferimento anche musicale) e la favola classica (ma quel pescione nella cui bocca viene trovata la collanina perduta è anche, per chi fu il giovane protagonista di Intervista, un esplicito omaggio felliniano), fra l'incanto complice per i colori delle coste e del mare di Puglia (forse un po' troppo più limpidi del vero) e il sarcasmo nei confronti dei nuovi ricchi e degli eterni approfittatori, L'anima gemella si fa apprezzare anche per uno stile che sa usare i mezzi più eccentrici del linguaggio filmico senza scadere in facili espressionismi e surrealismi.
Mentre il regista Rubini deve essere ammirato anche per essere riuscito a portare a termine il suo film nonostante le traversie e le interruzioni che hanno colpito la sua produzione. Così che, nonostante tutto, il vecchio marchio Cecchi Gori che appare prima dei titoli, ormai praticamente scomparso dagli schermi a favore della testa coi capelli di serpente, suscita persino un po' di tenerezza.
Tratto da www.kwcinema.kataweb.it


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