L'importanza di chiamarsi Ernesto

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2014/2015
La Grande Prosa

Teatro Quirino Vittorio Gassman
L'importanza di chiamarsi Ernesto
di Oscar Wilde
traduzione Masolino D'Amico
spazio scenico e regia Geppy Gleijeses
proiezione scenica Teresa Emanuele
musiche Matteo D’Amico
luci Luigi Ascione
con Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Lucia Poli

Il capolavoro teatrale di Oscar Wilde

The importance of Being Earnest, ovvero L’importanza di chiamarsi Ernesto fu la commedia con cui il genio irriverente e acutissimo di Oscar Wilde riuscì a conquistare definitivamente il pubblico e la critica londinese. Era il 14 febbraio 1895 quando la pièce debuttò al St. James's Theatre di Londra a cura dell'actor - manager George Alexander che vi sosteneva la parte del protagonista. «In cinquantatrè anni di palcoscenico non ricordo un trionfo maggiore. Il pubblico si alzò tutto in piedi e non cessava di acclamare» avrebbe ricordato molti anni dopo Allan Aynesworth, uno degli interpreti principali. Malgrado lo straordinario successo, la commedia fu smontata dopo appena sei repliche, come conseguenza dello scandalo in cui Wilde si era andato a cacciare querelando per diffamazione Lord Queensberry che lo aveva pubblicamente tacciato di omosessualità .
Il titolo della commedia sfrutta il gioco di parole tra l’aggettivo «earnest» (onesto) e il nome «Ernest» (Ernesto): in questo capolavoro, intessuto con un abile intreccio, Oscar Wilde voleva esaltare l’importanza dell’apparire in un contesto di assoluta pigrizia che galleggia nel marciume dell’Età Vittoriana. A differenza delle altre commedie del grande scrittore irlandese, sempre impegnato nel sociale, la critica salace si svela man mano che la commedia si dipana… nei primi atti infatti non c’è nessun principio da difendere e nessun pregiudizio da abbattere.
«In realtà però in questa pièce il grande autore denuncia la società in cui viveva, retrograda, moralista e bigotta» sostiene Gleijeses che porta nuovamente in scena la commedia assieme a Lucia Poli, forte del successo ottenuto nella stagione 2001/ 2002.
La parola è la vera protagonista di tutte le opere di Wilde. In un linguaggio ricco di equivoci, carichi di conseguenze comiche e di battute affilatissime, non viene messo sotto la lente di ingrandimento solamente l’ambiente salottiero della società vittoriana, ma soprattutto il principio di verità e falsità degli avvenimenti e dell’identità dei personaggi.
E in quella che si rivelerà l’ultima opera teatrale di Wilde, tutti i personaggi, non solo il cinico di turno, si esprimono mediante paradossi squisiti. Convinto che il riso sia un ottimo paravento dietro cui celare anche l’esposizione degli argomenti più scomodi, Wilde attribuisce un particolare rilievo alle battute irriverenti, capaci di dischiudere gli argomenti più profondi sotto l’apparenza dell’ilarità. Non a caso è tutt’ora considerato un maestro ineguagliato nel condensare idee e concetti complessi in divertenti aforismi di poche parole.