L'invenzione della natura selvaggia
Dal 12 ottobre al 5 novembre il Museo Alto Garda propone nella sede di Arco presso la galleria civica Segantini sei «Dialoghi», momenti di approfondimento dei temi indagati a livello artistico dal progetto «Der Blitz».
Sabato 26 ottobre alle ore 18 Franco Brevini, autore del libro «L'invenzione della natura selvaggia. Storia di un'idea dal XVIII secolo a oggi» (ed. Bollati Boringhieri), inquadra storicamente, a partire da un documento video, il fascino che ancora oggi la natura selvaggia esercita su di noi. Vecchia quanto il mondo, la natura selvaggia guadagna la ribalta della scena culturale solo con la modernità. Muraglie di ghiaccio, forre paurose, montagne svettanti e acque abissali sono tenute a battesimo in epoca romantica da scrittori, pittori e filosofi, e continuano a proiettare il loro sublime artificio sull'esotismo di massa, sui viaggi estremi offerti in pacchetti dalle agenzie, sull'ecoturismo di nicchia, sull'avventura no-limits. Modera l'incontro l'architetto Andrea Rigo.
Gli antichi 'sentivano naturalmente', noi invece 'sentiamo la natura'. Alla fine del Settecento una sensibilità nuovissima, inaudita, trova un emblema nelle parole di Schiller. Perduta per sempre la naturalezza fusionale che stringeva i nostri avi al loro ambiente di vita, percepiamo la distanza che separa la civiltà dallo sconfinato e dall'inesplorato che le si ergono di fronte, esercitando una fascinazione prima sconosciuta. La natura selvaggia nasce allora, e assume subito i contorni del mito. Certo, è vecchia quanto il mondo, ma va in scena solo con la modernità, quando viene plasmata come una costruzione culturale. Muraglie di ghiaccio, forre paurose, montagne svettanti, acque abissali che ribollono di tempesta sono tenute a battesimo soprattutto in epoca romantica da scrittori, pittori e filosofi, e continuano a proiettare il loro sublime artificio sull'esotismo di massa, sui viaggi estremi offerti in pacchetti dalle agenzie, sull'ecoturismo di nicchia, sull'avventura no-limits. Tra coloro che ripercorrono da studiosi quell'universo mille volte descritto, dipinto, idoleggiato, pochissimi possono dire di averlo anche esplorato sul campo. Uno di loro è Franco Brevini, letterato di lungo corso e viaggiatore con una predilezione per le condizioni-limite. E ancor più rara è l'efficacia della sua scrittura, che contrappunta la riflessione sulla wilderness e sull'ecologia, sull'intelligenza animale e sull'etica ambientale, con l'esperienza diretta dei cinquemila, dei paesaggi boreali o delle giungle del Borneo. Nessuno meglio di lui sa tradurre in parole il magnetismo e le ambivalenze della natura selvaggia.
Franco Brevini insegna Letteratura italiana e Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l'Università di Bergamo e l'Università IULM di Milano. Tra i massimi studiosi della poesia dialettale (La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento, 1999, 3 voll.), ha pubblicato da ultimo Voci di Lombardia (2008) e La letteratura degli italiani. Perché molti la celebrano e pochi la amano (2011). La passione alpinistica alimenta un altro filone della sua produzione, da Ghiacci. Uomini e avventure dalle Alpi al Grande Nord (2002) a Rocce. Dal Borneo alle Lofoten, dalle Alpi al Sahara, avventure di uomini in scalata (2003), a La sfinge dei ghiacci. Gli italiani alla scoperta del Grande Nord (2011). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Un cerino nel buio. Come la cultura sopravvive a barbari e antibarbari (2005). Collabora inoltre al Collabora al Corriere della Sera ed è presidente dell'Associazione culturale Volgar' Eloquio
organizzazione: MAG Museo Alto Garda