La brocca rotta
Stagione di Prosa di Bolzano 2013/2014
La Grande Prosa
Teatro Stabile di Bolzano
La brocca rotta
di Heirich von Kleist
regia Marco Bernardi
con Paolo Bonacelli, Patrizia Milani, Carlo Simoni
scene Gisbert Jaekel
costumi Roberto Banci
luci Lorenzo Carlucci
Questa commedia nasce da una scommessa, da un gioco: e poche volte un'opera d'arte ha portato così evidenti, anche al suo interno, i segni del gioco e della scommessa. Fu in Svizzera nel 1802 che Kleist e i suoi amici Wieland e Zschokke decisero di trarre una commedia, una satira e un racconto da un'incisione di Le Veau intitolata La cruche cassée. Wieland rinunciò all'esecuzione del suo progetto, Zschokke mise insieme un mediocre racconto, mentre Kleist, leggendo con acume ispirato le fisionomie e i gesti di quella piccola gente in ambiente fiammingo-olandese, ne trasse la più bella e sostanziosa commedia di tutto il teatro tedesco.
Che l'autore non ci vedesse solo un'occasione di riso disimpegnato risulta evidente a chiunque conosca la radicale tragicità e problematicità dell'opera di Kleist. Adamo, il giudice del villaggio è parente dei vecchi semidei osceni e beffardi dal piede caprino, dalla coda villosa, dalle corna di becco, dall'appendice erotica spropositata. Così come certi servi della commedia plautina, come gli Zanni della Commedia dell'Arte, come quasi tutti i personaggi del Ruzante, il Falstaff di Shakespeare, l'Ubu Roi di Jarry.
Commedia della piccineria umana, infestata da superstizione e corruzione: la si potrebbe leggere tutta come una parodia del potere, per questa volta senza niente di cruento o irrimediabile. Il nucleo della Brocca rotta è Adamo con le sue infinite risorse di mentitore e con quella fuga finale per i campi innevati, sotto gli occhi di tutti, la parrucca, antiquato simbolo di un'autorità abusiva e coperta di vergogna, che gli sbatte sulla schiena.
Dal punto di vista artistico La brocca rotta è l'opera perfetta di Kleist. Il progressivo districarsi del nodo degli equivoci, nella parte culminante e conclusiva, qui non stona e non disturba come nelle sue tragedie, ma anzi conferisce alla commedia una magnifica struttura e uno sviluppo ascendente unitario. Un esercizio perfetto, che ha illuso ed estasiato generazioni di amatori. Qui l'autore volle costruire nel suo "astratto furore" una commedia, forse per distrarsi dal troppo duro impegno tragico, e la costruì limpida e salda, a regola d'arte, esemplare. Dopo il successo del Malato immaginariodi Molière, Marco Bernardi dirige con lo stesso cast, guidato da Paolo Bonacelli, Patrizia Milani e Carlo Simoni, la più bella commedia della letteratura teatrale tedesca.