La guerra rievocata. Ricordi, documenti, immagini, oggetti di Arturo Dellai.
a cura di Luciano Dellai e Giuseppe Berlanda
Arturo Dellai, perginese, Kaiserjäger nell'esercito austroungarico, parte per il fronte orientale allo scoppio della Grande guerra, arriva a Leopoli, in Galizia; nell'atroce battaglia del settembre 1914 la pallottola sparata da un suo compagno sdraiato dietro di lui gli trapassa il piede destro e si ferma nella gamba, mentre schegge di granate russe penetrano in tutto il corpo. Raccolto dai russi, che hanno travolto le linee austroungariche, privo di coscienza tra i cadaveri dell'infernale carneficina, si ridesta prigioniero e gravemente ferito all'ospedale di Kiev. Dopo tre mesi di ospedale, guarito (ma la ferita al piede continuerà a tormentarlo) è mandato in un campo di prigionia prima vicino a Kiev, poi a Kirsanov. Nella speranza di essere subito rimpatriato, accetta di dichiararsi italiano; questa scelta prolungherà di ben altri 16 mesi oltre la fine della guerra mondiale, fino al marzo del 1920, la sua avventura in Russia e in Estremo Oriente. Per due anni attende invano di ritornare in Italia; è mandato a lavorare con i contadini nei campi di grano dell'Ucraina; lavora in una miniera di carbone in Crimea dove si congela il piede ferito e si ammala di scorbuto. Nel 1917 la Russia è sconvolta dalle rivoluzioni; l'ultimo tentativo di raggiungere il porto di Arcangelo fallisce e da Mosca gli "irredenti" trentini intraprendono un tremendo viaggio invernale per la Manciuria con la Transiberiana. Nell'agosto del 1918 viene arruolato a Tientsin nei "Battaglioni Neri" del Corpo di Spedizione Italiano in Estremo Oriente schierato con altri contingenti di varie nazioni con l'Armata bianca contro l'Armata rossa. Per quattro mesi è a Pechino nella banda militare della Reale marina italiana, ma nell'inverno 1918-1919 è di nuovo spedito in Siberia centrale a combattere contro i bolscevichi. Debole e malato è assegnato ai lavori di cucina, in primavera partecipa ad alcuni scontri nella taiga fino alla definitiva ritirata in Manciuria. Riprende a suonare a Pechino nella banda militare; il piede continuamente dolorante lo costringe in infermeria e in queste condizioni, finalmente, rientra in Italia, con un viaggio per mare di 15.127 km fino a Trieste che dura un mese e mezzo.
organizzazione: ASSOCIAZIONE AMICI DELLA STORIA DI PERGINE