La stagione degli attentati 1961-1967
Per i «Percorsi di storia-Storie controverse» dell'Archivio Storico di Riva del Garda, si tiene l'incontro dal titolo «La stagione degli attentati 1961-1967», con l'autore del libro «La strage del Passo di Cima Vallona».
Il volume è un saggio storico-documentale degli atti del processo austriaco e delle ricerche che l'autore ha condotto sugli avvenimenti di Cima Vallona, che provocarono quattro morti dell'esercito italiano in due distinte esplosioni, e il crollo del traliccio 119 della linea elettrica Soverzene - Lienz il 25 giugno 1967, ricerche svolte negli archivi austriaci e tramite visite sul posto al confine tra Italia e Austria. Alla stesura del testo nel 2012 gli archivi italiani erano ancora secretati. Le ricostruzioni in base alle testimonianze e alle perizie non collimano con la tesi italiana, che vede gli attivisti Bas come autori, condannati in Italia, bensì un più ampio disegno riconducibile alla strategia della tensione presente in quegli anni in Italia e che ancora vede clamorose stragi con molte zone d'ombra tra servizi segreti Nato, esercitazioni militari e spionaggio ai tempi della Guerra fredda lungo una linea che non era solo confine geografico tra strati ma tra due logiche politiche mondiali l'Ovest e l'est del mondo.
Era la notte tra l’11 e il 12 giugno del 1961 quando un gruppo di militanti del Bas (Befreiungsausschuss Südtirol) si rese responsabile in Alto Adige di diversi attentati dinamitardi. La prima esplosione si registrò attorno all’una di notte nel pieno centro di Bolzano, seguita nelle due ore successive da altre 46 esplosioni, che abbatterono decine di tralicci dell’alta tensione. Iniziò così una lunga stagione di attentati e di tensione in Alto Adige/Sudtirolo che culminò nel 1967 con l'attentato di Cima Vallona (BL). La strage avvenne in seguito a una esplosione con la quale il 25 giugno 1967 i terroristi abbatterono un traliccio dell'alta tensione proprio in località Cima Vallona: i fatti ebbero inizio alle ore 3.40, quando una sentinella del distaccamento di Forcella Dignas, nel territorio del Comune di San Pietro di Cadore, avvertì una forte esplosione in direzione del passo di Cima Vallona. Dell'accaduto venne informato il comando del presidio di Santo Stefano di Cadore. Allo scopo di accertare la causa della deflagrazione si dispose l'invio di una pattuglia composta da alpini, artificieri e finanzieri. Giunti a circa 600 metri dal traliccio, che appariva danneggiato, i militari, non potendo proseguire oltre con gli automezzi per la presenza di cumuli di neve, procedettero a piedi. La pattuglia era guidata dal capitano degli Alpini Alamari e dal tenente della Guardia di Finanza Marinetti, seguiti dagli altri. Improvvisamente, a circa 70 metri dal manufatto, si verificò l'esplosione di un ordigno collocato sotto un mucchio di ghiaia. L'esplosione investì in pieno l'alpino radiofonista Armando Piva, effettivo al battaglione «Val Cismon». Trasportato all'ospedale di San Candido, morì alle ore 23 dello stesso giorno. A bordo di un AB 204 del IV Reparto elicotteri di uso generale decollato dall'aeroporto di San Giacomo fu inviata a Sega Digon una squadra della Compagnia Speciale Antiterrorismo, con il compito di raccogliere indizi utili all'indagine e per identificare gli autori dell'attentato. La squadra era composta da Francesco Gentile, classe 1930, di Fano (PS), capitano del Battaglione Carabinieri paracadutisti; Mario Di Lecce, classe 1936, di Lecce, sottotenente del Battaglione sabotatori paracadutisti; Marcello Fagnani, classe 1940, di Roma, sergente maggiore artificiere del Battaglione sabotatori; e Olivo Dordi, classe 1943, di Gromo (BG), sergente artificiere del Battaglione sabotatori paracadutisti. Assolto il loro compito, i quattro si avviarono incolonnati sulla via del ritorno lungo lo stesso itinerario percorso all'andata e in direzione dell'elicottero rimasto in attesa, quando, inavvertitamente, uno di loro attivò una trappola esplosiva piazzata a circa 400 metri dal luogo dell'attentato e lungo l'unico sentiero disponibile. A seguito dell'esplosione il sottotenente Di Lecce, il capitano Gentile e il sergente Dordi morirono sul colpo. Il sergente Fagnani, colpito da oltre 40 schegge, rimase gravemente ferito. Sul luogo dell'esplosione furono trovate due tavolette di legno con incisa una rivendicazione a firma dell'organizzazione terroristica separatista altoatesina Bas: «Voi non dovrete avere mai più la barriera di confine al Brennero. Prima dovete ancora scavarvi la fossa nella nostra terra.»
Ingresso gratuito