La vita che ti diedi

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2014/2015
La Grande Prosa

Teatro Stabile di Bolzano
La vita che ti diedi
di Luigi Pirandello
regia Marco Bernardi
scene Gisbert Jaekel
costumi Roberto Banci
suoni e immagini Franco Maurina
luci Massimo Polo
con Patrizia Milani e Carlo Simoni

Un dramma lacerante dedicato all'amore materno

Nel racconto di Pirandello Colloqui coi personaggi un argomento trafigge il lettore come una freccia arrivata al bersaglio: lo scrittore, tornato nella casa di Girgenti, in una struggente evocazione della madre, le dichiarava di non essere lei morta davvero, perché continuava a vivere nella mente del figlio, ma lui morto sì perché non viveva più nella coscienza di lei, unica sorgente e garanzia. Rovesciamento tipicamente pirandelliano. Su questo tema costruisce La vita che ti diedi, un dramma del distacco, coniugandolo e contaminandolo con un ossessione ricorrente nella sua scrittura: quella del figlio cambiato.

Il figlio è un personaggio assente, un cadavere nell’altra stanza. Ma la madre, Donna Anna, si rifiuta di riconoscerlo tale. Era diverso, prima di partire attratto dalla passione fatale per una donna, fresco e con i capelli d’oro: è ritornato invece consunto, “con gli occhi freddi” e “quasi calvo”. Donna Anna, in uno stato allucinatorio, non vuole uscire dal suo sogno e tenta disperatamente di mantenere il figlio in vita, oltre il limite della realtà.

Il dramma è condotto interamente sul filo dell’amore materno, di cui è l’espressione più compiuta nel teatro di Pirandello. Nella sua problematica l’amore materno, con il suo carico di pene, è un valore che sopravvive intatto tra le macerie dei falsi valori della società e nella sua autenticità risulta indenne da ogni schematismo ideologico.

«Il tocco di una storia amorosa» ha scritto Gerardo Guerrieri «riscalda Pirandello trascinandolo lontano dal suo terribile confutare». Fra tanti personaggi che lottano e si agitano per ancorarsi a una verità che non sanno trovare né in se stessi e tanto meno negli altri e che, alla fine, inesorabilmente, giungono alla sconfitta smarriti e senza una certezza, Donna Anna Luna si impone con il suo amore materno che, pur deformato e fuori dalla normalità, rimane un punto certo, un sentimento positivo, un elemento di riscatto. «Proprio questo appare infine» conclude Guerrieri «come un’eredità indiscutibile: i figli, le madri, il miracolo per cui si vive. E a onta di numerose negazioni, lo slancio vitale di questo scrittore scambiato oziosamente per negatore. La madre diventa il centro di tutti i raggi, il segno di un dolore vitale che non si esaurisce mai, ed è l’unica realtà da contrapporre alla morte».

Marco Bernardi, Patrizia Milani e Carlo Simoni, con questo spettacolo, chiudono il cerchio di una lunga e fruttuosa collaborazione che ha dato vita ad alcuni degli spettacoli più riusciti della scena italiana degli ultimi venti anni.