Le scritte dei pastori

Mostra

Le scritte dei pastori.
Tre secoli di graffitismo rupestre fiemmese in prospettiva etnoarcheologica
a cura di Marta Bazzanella

Dopo sei anni di indagini sul campo, rilevamenti e interviste, i risultati della ricerca condotta dal Museo sui monti della val di Fiemme vengono per la prima volta proposti al pubblico.
www.scrittedeipastori.it >>

La mostra raccoglie gli esiti dell’importante ricerca svolta dal 2007 dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, nell’ambito del Progetto APSAT, sul graffitismo popolare fiemmese risalente al periodo dal 1650 al 1950 ca., con la ricognizione sul campo e lo scavo, la catalogazione, l’analisi e l’interpretazione di migliaia di graffiti dipinti sulle falesie, ad altitudini che variano dai 1200 ai 2000 m ca., con un particolare pigmento locale detto bòl. Un capitolo affascinante dell’antropologia alpina, che verrà restituito, attraverso una mostra itinerante, all’attenzione delle comunità locali.

6 anni di ricerche, 2.682 pareti rilevate, circa 30.000 scritte individuate, 5.000 già catalogate: questi i numeri della ricerca condotta dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina sui monti della valle di Fiemme. Per la prima volta vengono proposti al pubblico i risultati di indagini sul campo, rilevamenti e interviste, con un sito internet www.scrittedeipastori.it e una mostra a cura di Marta Bazzanella che sarà inaugurata giovedì 20 settembre alle 17: Le scritte dei pastori. Tre secoli di graffitismo rupestre fiemmese in prospettiva etnoarcheologica. Migliaia di scritte lasciate sulla roccia tra la seconda metà del ’600 e la prima metà del ’900 testimoniano dell’intensa attività pastorale sulle pendici del monte Cornón. Sono segni che documentano il passaggio dei tanti uomini che, in perfetta solitudine, conducevano al pascolo le greggi. Sono rocce trasformatesi in grandi lavagne a cielo aperto che, analizzate una ad una, ci forniscono non solo una lista di nomi, di date, di capi di bestiame, ma ci svelano qualcosa del mondo dei pastori: uomini costretti alla solitudine anche amara del pascolo, eppure decisi a dichiarare la propria identità, il proprio buon diritto, il proprio saper scrivere. In questo contesto, una specifica metodologia di studio, l’etnoarcheologia, ha permesso di ottenere precisi risultati relativi alla frequentazione del Cornón per la pratica della pastorizia e della caccia, collocandone gli inizi già durante l’epoca preistorica, e di proporre un modello interpretativo generale che può in qualche caso risultare estensibile anche all’arte rupestre del passato.

Il luogo di svolgimento della ricerca massiccio del Cornón, monte situato al centro della valle di Fiemme, alle cui pendici si trovano gli abitati di Tesero, Panchià, Ziano di Fiemme e Predazzo. Questa montagna ospita intorno ai 2.000 metri, vaste praterie sfruttate un tempo intensivamente per la fienagione; i ripidi pendii dei versanti che sovrastano gli abitati erano invece destinati al pascolo degli ovini da lana e dei caprini asciutti che, non dovendo essere munti, potevano essere pascolati sui terreni più impervi alla ricerca anche dell'ultimo filo d'erba. Sui supporti rocciosi calcarei, che separano le grandi praterie d'alta quota dalle fasce pascolive intermedie, i pastori, in stragrande prevalenza, ma anche i cacciatori e gli sfalciatori, si sono prodotti lungo i secoli in un'opera di graffitismo, istoriando la roccia con un'ocra rossa localmente chiamata ból che, mescolata con latte di capra o saliva, produceva una densa poltiglia stesa che veniva poi sulla roccia con l’ausilio di un rametto. Così il pastore fiemmese, non diversamente dai suoi antenati pre- e protostorici o, per altri versi, dai moderni writer della trasgressione metropolitana, è diventato graffitaro, scrittore, artista, fissando sulla roccia, per quasi trecento anni, qualche cosa di sé: scritte che restano a tutt’oggi indelebili e incredibilmente chiare sulle falesie calcaree della valle a dispetto di tre secoli di intemperie. Le scritte si compongono delle iniziali del nome e cognome dell'autore e sono seguite dall'indicazione dell'anno, spesso con mese e giorno, e dal conteggio del bestiame portato al pascolo. Possono essere racchiuse da cornici di varia foggia talvolta accompagnate da disegni e simboli, come i simboli religiosi o figure di animali, scene di caccia, ritratti, autoritratti, messaggi di saluto e annotazioni diaristiche. Quasi sempre il pastore marcava il segno di casa, in passato molto importante perché attestava di chi fosse la proprietà delle pecore rispetto al grande gregge, il proprietario degli attrezzi da lavoro e così via.
Nella mostra sono illustrati i risultati delle analisi chimico-fisiche sul pigmento che compone le scritte, condotte da Antonio Miotello e Laura Toniutti del Laboratorio Idrogeno Energia Ambiente della Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Trento.
Da un punto di vista cronologico l'attività scrittoria dei pastori fiemmesi è documentata dalla seconda metà del ‘600 fino ad oltre la metà del secolo scorso, ovvero fino al tramonto della società tradizionale e l’avvento della modernizzazione e del turismo.
La ricerca etnografica condotta dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina a partire dal 2006 tra i vecchi pastori della valle al fine di fornire un'interpretazione al particolare fenomeno delle scritte pastorali ha portato all'individuazione di due ripari sottoroccia: il riparo del Trato e il riparo Mandra di Dos Capèl, usati rispettivamente come luogo di sosta temporanea, nell'ambito di uno spostamento giornaliero dagli abitati di fondovalle per far pascolare gli armenti, e come ricovero stagionale, durante la stagione estiva. All’interno della mostra è presente la ricostruzione del riparo del Trato con la riproduzione del palinsesto di scritte che caratterizzano in maniera massiccia le sue pareti, risalenti al periodo che va dal 1700 agli inizi del 1900. Per l’occasione vengono inoltre presentati i risultati delle indagini dendrocronologiche condotte da Mauro Bernabei e Jarno Bontadi dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree (IVALSA/CNR), sulla struttura lignea presente nel riparo Mandra di Dos Capèl, che hanno identificato precise fasi di risistemazione del ricovero, confermando le informazioni ottenute dall'indagine etnografica.


organizzazione: Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina