NARRARE L’IRAN

Incontri e convegni , Convegno

La rivoluzione islamica del 1979, oltre a segnare profondamente la storia contemporanea dell’Iran, rappresenta uno spartiacque nella narrazione di quel Paese. Tanto che forse non è esagerato parlare di due narrazioni completamente diverse, prima e dopo la rivoluzione. Possiamo anche affermare che dopo quarant’anni, questa cesura non si è affatto ricomposta.

Cos’era l’Iran per gli italiani prima della Rivoluzione?
Il fascino dell’antica Persia – materia di studiosi e intellettuali – era messo in secondo piano rispetto alle cronache mondane legate alla figura dello scià, almeno per il pubblico di massa. Era quindi una narrazione costruita soprattutto attraverso rotocalchi, con protagonista un sovrano colto, affascinante e amante delle belle donne e della bella vita.

Per gli studiosi e gli intellettuali, la Persia rimaneva una miniera inesauribile di Storia, di arte, di civiltà. Per noi italiani è impossibile non ricordare ad esempio il contributo unico di Alessandro Bausani.

C’è comunque un momento di corto circuito tra questi due livelli di narrazione, quello alto e quello più pop: è il 15 ottobre 1971, giorno delle sfarzose e pacchiane celebrazioni dei 2.500 anni di monarchia dei Pahlavi. Ricordiamo la tendopoli di lusso allestita a Persepoli e i richiami dello scià al passato pre islamico. In quell’occasione, le cronache mondane furono costrette a fare riferimento alla Persia antica. Proprio Bausani vide in quell’evento il segnale dell’Inizio della crisi politica del regime Pahlavi, che di lì a meno di otto anni sarebbe stato cancellato dalla rivoluzione.