Nel mare ci sono i coccodrilli
Storia vera di Enaiatollah Akbari tratto dall’omonimo libro di Fabio Geda
adattamento a cura di Fabio Geda e Christian Di Domenico
con Christian Di Domenico
Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, qualcuno reclami la tua vita.
Il padre di Enaiatollah è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e lui dovrebbe esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla porta corre a nascondersi. Ma ora sta diventando troppo grande per la buca che sua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei gli dice che devono fare un viaggio. Lo accompagna in Pakistan, gli accarezza i capelli, gli fa promettere che diventerà un uomo per bene e lo lascia solo.
Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia né a cancellargli dal volto il uso formidabile sorriso.
“Ci sono giorni nella vita in cui non succede niente, giorni che passano senza nulla ricordare, senza lasciare una traccia, quasi non si fossero vissuti. A pensarci bene, i più sono giorni così, e solo quando il numero di quelli che ci restano si fa chiaramente più limitato, capita di chiedersi come sia stato possibile lasciarne passare, distrattamente, tantissimi. Ma siamo fatti così: solo dopo si apprezza il prima e solo quando qualcosa è nel passato ci si rende meglio conto di come sarebbe averlo nel presente. Ma non c’è più.
Il 10 settembre 2001 per me, e son certo non solo per me, fu un giorno di questo tipo. Un giorno di cui non ricordo assolutamente nulla. Peccato. Perché per me, per tutti noi anche per quelli che ancora oggi si rifiutano di crederlo quel giorno fu particolarissimo, uno di cui avremmo dovuto, coscientemente, gustare ogni momento.
Fu l’ultimo giorno della nostra vita di prima: prima dell’11 settembre, prima delle Torri Gemelle, della nuova barbarie, della limitazione delle nostre libertà, prima della grande intolleranza, della guerra tecnologica, dei massacri di prigionieri e di civili innocenti, prima della grande ipocrisia, del conformismo, dell’indifferenza o, peggio ancora, della rabbia meschina e dell’orgoglio malriposto; l’ultimo giorno prima che la nostra fantasia in volo verso più amore, più fratellanza, più spirito, più gioia, venisse dirottata verso più odio, più discriminazione, più materia, più dolore.
La storia di Enaiatollah, fuggito dall’Afghanistan, è una magnifica parabola che rappresenta uno dei drammi contemporanei più toccanti: le migrazioni di milioni di individui in fuga da territori devastati dalle guerre, in cerca di un miraggio di libertà e di pace.
E’ una storia che ci riguarda, anche se preferiamo non ascoltarla. L’attuale, diffusa indifferenza verso quel che sta succedendo agli afghani e a tutti gli altri popoli che approdano sulle nostre spiagge, ha radici profonde. Anni di sfrenato materialismo hanno ridotto e marginalizzato il ruolo della morale nella vita della gente, facendo di valori come il denaro, il successo e il tornaconto personale il solo metro di giudizio. Senza tempo per fermarsi a riflettere, preso sempre più nell’ingranaggio di una vita altamente competitiva che lascia sempre meno spazio al privato, l’uomo del benessere e dei consumi ha come perso la sua capacità di commuoversi e di indignarsi. E’ tutto concentrato su di sé, non ha occhi né cuore per quel che gli succede intorno.
Così è diventato il nostro mondo: la pubblicità ha preso il posto della letteratura, gli slogan ci colpiscono ormai più della poesia e dei suoi versi. Eppure l’Afghanistan ci perseguita, perché è la cartina di tornasole della nostra immoralità, delle nostre pretese di civiltà, della nostra incapacità di capire che la violenza genera solo violenza e che solo una forza di pace, di carità e di accoglienza può risolvere il problema che ci sta dinanzi.
“Le guerre cominciano nella mente degli uomini ed è nella mente degli uomini che bisogna costruire la difesa della pace”, dice il preambolo della costituzione dell’UNESCO. Il Teatro, da Eschilo a Shakespeare, ha avuto una funzione determinante nella formazione dell’uomo occidentale perché col suo mettere sulla scena tutti protagonisti di un conflitto, ognuno con i suoi punti di vista, i suoi ripensamenti e le sue scelte di azione, è servito a far riflettere sul senso delle passioni e sulla inutilità della violenza che non raggiunge mai il suo fine.
Spero che raccontare la storia di Enaiatollah, in forma di monologo teatrale, possa costituire una preziosa occasione per fermarsi, riflettere, prendere coscienza.
E poi ognuno faccia qualcosa, anche solo tendere una mano: per salvare una vita umana e salvare la propria. E sentire la pace dentro di sé.” Christian Di Domenico
Intero: 12 Euro
Ridotto Newsletter e Carta in Cooperazione: 10 Euro
Soci Spazio14, Estroteatro e 33Trentini: 9 Euro
Ridotto Studenti: 8 Euro
Ridotto Soci Portland: 6 Euro
organizzazione: Portland nuovi orizzonti teatrali