Olimpio Cari. Legni salvati dal diluvio
Le sculture "trovate" di Olimpio Cari
Vent'anni fa, nel 1985, in Provenza, sulla tomba di Marc Chagall a Saint-Paul-de-Vence, Olimpio Cari ebbe la sua "folgorazione" per la pittura. Deponendo alcuni sassi sulla tomba del pittore ebreo-russo (secondo l'usanza che gli zingari hanno mutuato dagli ebrei, derivata dagli antichi abitanti del deserto che, seppellendo i loro morti nella sabbia, ricoprivano il luogo di pietre per difenderlo dalla fame degli animali), "sentì" che anche lui doveva divenire un artista. Lo era già come poeta, cantautore, musicista: ora lo doveva divenire come pittore.
Due anni dopo, a Pergine Valsugana dove Olimpio aveva messo su casa, tenne la sua prima mostra nella galleria da poco aperta dall'amico pittore Pietro Verdini - una galleria purtroppo durata troppo poco. Ricordo che fui io ad avere il piacere di presentarlo in quella prima esposizione, allietata da musicisti zingari come lui.
Da allora Olimpio "Mauso" Cari, pittore sinto, ha tenuto oltre quaranta personali e collettive, in Italia e ancor di più all'estero, in Francia, Svizzera, Austria, Germania, Ungheria, Slovacchia. Cari è un artista "naïf", uno dei pochi artisti veri di questo genere in cui i pittori "ingenui" non possono essere - in un'epoca di omologazione globalizzata come la nostra - che una specie in estinzione. Olimpio dipinge sul vetro, sul retro del vetro, mantenendo viva una tradizione popolare che è stata particolarmente fervida in Baviera e presso i "naïf" croati, come Generali'c´, Rabuzin, Skurjen.
Negli ultimi anni Olimpio si è dedicato a una singolare scultura di materiali trovati, di legni e pietre salvati dalle acque (dai fiumi come l'Inn, l'Adige e il Talvera, dai mari come quelli di Puglia e Sicilia, dai laghi come quelli di Garda, di Caldonazzo, di Levico¿). Sono materiali "scritti", prescolpiti dalla natura: dalle acque, dai venti, dal tempo. Lui li scopre, se li porta a casa anche da lontano, vi individua forme - di animali, presenze della natura e dell'uomo - e si limita a montarli servendosi di supporti e legamenti del tutto naturali come il ferro e il rame. Sono così nate sculture come "'Porcospino", "Cervo", "Iguana", "Capriolo", "Trampolieri" oppure "Guglia", "Mezzaluna", "Villaggio rupestre", "'Torques". Espressioni scultoree che affondano le radici nella natura, nell'immaginario collettivo, nei miti, nelle suggestioni primigenie di cui la nostra epoca è sempre più disperatamente povera.
RENZO FRANCESCOTTI
organizzazione: Comune di Borgo Valsugana - Sistema Culturale Valsugana Orientale