Olocaustico
Un romanzo antiretorico sulla Shoah
di Alberto Caviglia
Un romanzo importante e necessario, capace di porre in chiave ironica un grosso interrogativo: in questi tempi di negazionismo e fake news, quando l’ultimo testimone della Shoah sarà scomparso, non corriamo il rischio essa sia negata, travisata ed occultata? ‘Olocaustico’ tuttavia è un libro capace di porre l’accento sul rischio di un racconto retorico dell’Olocausto.
Il protagonista di ‘Olocautico’, David Piperno, è un giovane ebreo romano che si è trasferito in Israele per coronare il suo sogno: diventare un grande regista. Ed il romanzo lo segue in un percorso di conoscenza ed adattamento alla realtà israeliana.
La sua sceneggiatura però non interessa a nessuno e per mantenersi è costretto a intervistare gli ultimi sopravvissuti alla Shoah per il Museo di Yad Vashem. David è immaturo, inaffidabile e con un senso dell’umorismo del tutto particolare. Lo sanno bene i suoi amici, lo sa Sara, la madre ansiogena e iperprotettiva, e lo sa fin troppo bene Sharona, la sua esasperata ragazza. Nessuno di loro però può prevedere cosa combinerà per realizzare le sue ambizioni David ignorando i consigli dei suoi amici immaginari, Philip Roth e Itzhak Rabin…
Un libro Romanzo satirico antiretorico e dissacrante, ‘Olocaustico’ si presenta come il perfetto specchio dei tempi, tra fake news e perdita dei valori. È una storia originale e divertente che ha il merito di farci riflettere sul nostro futuro partendo da un’idea di fondo: se neghiamo la Shoah, tutto il resto crollerà. Ma proprio tutto.
Alberto Caviglia è un regista, sceneggiatore, già assistente alla regia di Ferzan Özpetek, autore satirico, scrittore, e poi, come ama aggiungere, si sveglia la notte tutto sudato. Nato a Roma nel 1984, esordisce alla regia nel 2015 con il provocatorio ‘Pecore in erba’, presentato al Festival di Venezia e con il quale, sorprendentemente, non riesce a farsi espellere dalla Comunità Ebraica di Roma. Ci riprova con ‘Olocaustico’, il suo primo romanzo.
Lo scrittore spiega che «oggi i ragazzi vanno ad Auschwitz e si fanno i selfie. Ecco, non vorrei che Auschwitz fosse vissuto come un Jurassic Park (…) ma vorrei che anche i più giovani sentissero quanto è accaduto come cosa viva e presente, come un rischio oggettivo di fronte alle tante manifestazioni che vediamo oggi e che mi spaventano».
ingresso libero