Racconti di giugno

Danza

Oriente Occidente 2010

Pippo Delbono
Compagnia Pippo Delbono (Italia)
Racconti di giugno
Ideazione e regia Pippo Delbono
con Pippo Delbono
Suono Pepe Robledo
Produzione Compagnia Pippo Delbono
durata 75 minuti

Una sorta di diario di bordo, un’introspezione sul senso nascosto delle relazioni, sul lato dei desideri non espressi ma mostrati, sulla curiosità per gli altri, il filo rosso degli invaghimenti, la coscienza di una bellezza senza confini nelle storie, l’ardore non solo etico nelle scene della vita e nelle scene del teatro, l’estasi delle cose che ti perdono e che gli altri non ti perdonano, quel qualcosa di se stesso mai detto forse perché mai chiesto.
Un attore-autore si confessa senza reticenze e con pudore in una dinamica di cronache e lampi della memoria, zigzagando tra le avventure della vita scenica e vissuta.

Pippo Delbono, in prima persona
C’è qualcosa di autentico nell’attore che danza:
il corpo dell’attore che recita un personaggio è di solito un corpo
retorico che commenta con il corpo il ruolo che sta interpretando.
Quando danza spezza quel confine.
Pippo Delbono
Di Pippo Delbono a Rovereto abbiamo un’immagine che risale a tanti anni fa: era il 1990, l’edizione del Festival culminava con Nelken di Pina Bausch e portava a Oriente Occidente più di un artista che per diversi motivi poteva dirsi parte della famiglia della coreografa tedesca scomparsa l’estate scorsa.
Delbono apriva il Festival con Il Muro, un lavoro lucido, pieno di umanità che metteva in scena dieci protagonisti: dai danzatori Raffaella Giordano e Antonio Carallo a un protagonista della nostra sperimentazione teatrale come Danio Manfredini, dallo stesso Delbono all’attore Pepe Robledo, arrivato dal Sud America con temi brucianti nel cuore e da sempre compagno di lavoro di Pippo. Il Muro, con i suoi attori e danzatori, con i loro racconti e i loro gesti,era abitato da una verità dello stare in scena che rispecchiava lo sguardo al di là dei generi portante fin dalle origini del Festival Oriente Occidente, nonché un credo nel corpo speciale. Una visione che ci trascina nella bellezza del gesto al di là degli stereotipi, nell’amore per una danza, come dice Delbono, “non come sistema preordinato e retorico, ma che riguarda il rapporto con lo spazio delle emozioni”. Qualcosa che abita da cima a fondo il percorso di Delbono e che emerge potentemente in Pippo Delbono. Corpi senza menzogna[1], il libro di Leonetta Bentivoglio che viene presentato al Festival prima di Racconti di giugno. Ricomposizione in un’unità toccante di pubblico e privato, racconto della coreografia dentro il teatro, rivelazione della nostra società a partire da quel Dance, Dance, otherwise we are lost (Danza, danza, altrimenti siamo perduti), detto da una ragazzina rom a Pina Bausch e usato come titolo all’introduzione del libro: un sentimento per muoversi da Delbono nel Festival 2010.

Racconti di giugno
Racconti di giugno è un monologo autobiografico che debutta al Teatro Belli di Roma nel 2005 per la rassegna Garofano Verdecurata da Rodolfo Di Giammarco. “Un incontro con se stesso”, lo definisce Delbono, che è una confessione, ma anche un atto politico, perché risponde al coraggio di parlare di noi, dichiarando apertamente agli altri chi si è, anche l’esperienza dell’Aids. Queste le note dell’autore:
la curiosità per gli altri.
il senso nascosto delle relazioni.
il filo rosso degli invaghimenti negli spettacoli.
la coscienza di una bellezza senza confini nelle storie.
l’ardore non solo etico nelle scene della vita e nelle scene del teatro.
il lato dei desideri non espressi ma mostrati.
l’estasi delle cose che ti perdono e che gli altri non ti perdonano.
le coincidenze (tante) di giugno, il mese in cui sono nato.
quel qualcosa di se stessi mai detto forse perché mai chiesto.
Uno spettacolo che attraversa arte e vita, un nesso mai estraneo al lavoro di Delbono, da Il tempo degli assassini al rivelatore Barboni, agli incontri con uomini come Bobò, microcefalo sordomuto tirato fuori da Delbono dal manicomio di Aversa dove ha vissuto quarant’anni, adottato dall’artista e diventato personaggio chiave dei suoi spettacoli.

CHI È PIPPO DELBONO
Nei primi anni Ottanta insieme all’attore argentino Pepe Robledo lavora in Danimarca nel gruppo Farfa. Si specializza in tecniche orientali per l’attore/danzatore. Tornato in Italia firma nel 1987 il suo primo spettacolo teatrale: Il tempo degli assassini con cui gira in Italia e in Sud America. Conosce Pina Bausch che lo invita a Wuppertal dove parteciperà alla creazione di alcuni pezzi della compagnia. Delbono e Robledo proseguono nel loro lavoro indipendente. Tra i lavori teatrali Il Muro (1990), La rabbia (1995) dedicato a Pasolini, Barboni (1997), Premio Ubu ‘per una ricerca condotta tra arte e vita’. Con il documentario Guerra del 2003 vince il David di Donatello. Altri titoli teatrali: Urlo (2004), Racconti di giugno (2005), Questo buio feroce (2006), La menzogna (2008).Nel 2009 presenta al Film Festival di Locarno il documentario di denuncia sulla nostra società, La paura, girato interamente con un telefono cellulare. È uno dei protagonisti del nostro teatro più apprezzato nel mondo.


organizzazione: Ass. cult. Incontri Internazionali di Rovereto - PAT Ass. Cultura - Comune Rovereto Ass. Cultura - Ministero Beni e Attività Culturali - Regione T-AA - APT Rovereto - MART Centro Internaz. Danza - ASM Rovereto - Cassa Rurale Rovereto