Radiofronte 1935-1945
La mostra presenta una vastissima selezione di radio apparecchiature italiane, tedesche (tra cui un esemplare di "Enigma"), inglesi, statunitensi, francesi, neozelandesi, canadesi, russe, che Enzo Benazzi, collezionista e appassionato cultore di storia, ha accettato di esporre nel Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.
E' arricchita da immagini e testi, da filmati tratti dagli archivi dell'Istituto Luce, messi a disposizione per questa iniziativa, e da una colonna sonora comprendente alcune registrazioni musicali. Accompagna la mostra un volume con saggi storici dedicati alle trasmissioni radio militari italiane, schede tecniche e storiche, oltre al testo di alcuni brani di radiotrasmissioni degli anni 1940-1942.
L'importanza della radio dopo la Grande Guerra è a tutti nota. «La radio conobbe il suo primo impiego di massa come télégraphie sans fils nel primo conflitto mondiale», ci ricorda Gianni Isola, e il fascismo la elesse a veicolo privilegiato di mobilitazione nei confronti di milioni di cittadini che la Grande Guerra aveva immesso sulla scena del Novecento.
Accanto alluso politico, la radio dimostrò rapidamente le sue straordinarie potenzialità militari. Senza le radiocomunicazioni, le armi «nuove» della guerra 1914-1918 (laeroplano, il sottomarino e il carro armato) non avrebbero dispiegato pienamente le loro potenzialità di impiego, ma sarebbero rimaste condannate al piccolo raggio di azione concesso dalla visione naturale dellocchio umano. La disponibilità su larga scala di apparecchiature di qualità rese invece possibili sia operazioni interarma di dimensioni e portata strategica, sia lazione di piccole formazioni di soldati in grado di portare a termine missioni impegnative e protratte nel tempo, senza altro collegamento con i loro reparti che la radio. La qualità della tecnologia ebbe dunque un peso notevolissimo nella condotta delle guerre.
Gli ambiti di applicazione delle radiotrasmissioni crebbero parallelamente in ambito sia civile che militare: da un lato, con i conflitti che impegnarono il nostro paese tra il 1935 e il 1945, dallaltro con la militarizzazione della società italiana voluta dal fascismo. Le «guerre del Duce» esaltarono le potenzialità della radio, ci ricorda ancora Isola, «non solo come mezzo di comunicazione militare, ma anche come strumento di informazione e di propaganda al fronte e nella madre patria».
Lincessante sforzo condotto da uomini e donne per intercettare e decodificare le comunicazioni avversarie, affiancò la guerra combattuta con le armi tradizionali. A migliaia di chilometri dai campi di battaglia, la «guerra dei codici» accompagnò e condizionò quella dei soldati e delle artiglierie e molto spesso ne determinò lesito. Non bastava più lo spionaggio tradizionale: si trattava di sciogliere gli enigmatici messaggi cifrati del nemico che apparecchiature sempre più sofisticate rivelavano e registravano. Matematici, scienziati ed ingegneri furono mobilitati in una sfida che in questo campo (così come in quelli della fisica nucleare e della conquista dello spazio) toccava le frontiere estreme della ricerca. «Enigma»: quale nome migliore per una macchina cifratrice?
E tuttintorno, negli spazi della radiocomunicazione, si affollavano le voci dei nuovi persuasori, dei professionisti della parola e dellargomentazione, che puntavano a convincere chi si metteva in ascolto nelle adunate convocate dal regime o nella quiete domestica: il nuovo fronte della propaganda aperto dalla Grande Guerra aveva fatto, in pochissimi anni, passi da gigante.
Si ringraziano, oltre a Enzo Benazzi, Edoardo Ceccudi, Leonardo Tiberi, Marziano Guglielminetti, Luigi Oggianu, Paquito Del Bosco, Pasquale Santoli, Francesco De Domenico, Alberto Santoni, Achille Rastelli, Tiziano Bertè, Filippo Cappellano, Gino Secchiero, Nikolaus Sifferlinger, Filippo Sinagra, Gianni Beordo, Giorgio Bisoffi, Robert Kratzer, Filippo Bulfamante e Giuseppe Calliari della Civica Scuola musicale «R. Zandonai» di Rovereto, il personale del Museo della Guerra e della COP.A.S.
La mostra è stata realizzata con il contributo della Provincia autonoma di Trento.
organizzazione: Museo Storico Italiano della Guerra