Regali da uno sconosciuto

Cinema

Regia di Joel Edgerton 

durata: 108 min

genere: drammatico

Simon e Robyn si trasferiscono a Chicago in una nuova e bellissima casa. In un centro commerciale si imbattono in Gordon, un ex compagno di scuola di Simon: la coppia lo invita a cena e Gordon si comporta in maniera curiosa, così come bizzarra è la sua abitudine di lasciare dei regali davanti al loro uscio di casa. Nel momento in cui la presenza di Gordon comincia a farsi troppo assidua, specie quando Robyn è in casa da sola, Simon decide di parlargli e di chiedergli di non farsi più vedere. Un gesto dalle conseguenze inaspettate.
 Una prova sorprendente quella di Joel Edgerton, qui in veste di regista, sceneggiatore e attore, nei panni del presunto stalker Gordon, detto Gordo. Se per il ruolo adotta un look confuso e disturbante come il suo personaggio - orecchino, tinta rossiccia dei capelli, sguardo fisso - il lavoro a livello di messa in scena è mirabile. Edgerton confeziona un B-movie che non si vergogna dei propri ingombranti riferimenti ma se esteriormente riprende tecniche di tensione e situazioni tipiche del thriller classico, il lavoro sui simboli e su ciò che non si vede è molto più sottile. Tra Simon e Gordon da subito si instaura una dinamica servo-padrone sottolineata dall'uso delle inquadrature: Gordon occupa lo sfondo del campo o i suoi bordi, si pone fisicamente ai margini del quadro, come si è posto ai margini dell'esistenza. La sua è una natura remissiva, benché disturbata, il suo sentimento di rivalsa non si esprime secondo i binari consueti. Al contrario Simon e Robyn (o meglio l'idea che Simon ha di Robyn nella coppia) ostentano il loro successo sociale ed esistenziale attraverso una casa dove le finestre sostituiscono le pareti e sono sempre presenti ospiti gradevoli ed eleganti per festeggiare qualcosa. Una relazione di interdipendenza (ogni aguzzino ha bisogno di una vittima, meglio se consensuale) quella tra Simon e Gordon, che rimanda a un segreto sul loro passato celato agli occhi di Robyn (e del mondo).
 L'ambizione figlia dell'esasperata competitività del reaganismo, ha lasciato il posto a una coazione a ripetere insensata. Sembra che non si sappia più perché si sgomiti pur di "arrivare" a qualsiasi costo, quasi si trattasse di una reazione pavloviana alla società, più che qualcosa di pianificato. Questa insolita componente autodistruttiva, che accompagna personaggi che vanno al di là delle loro maschere consuete, porta a sorvolare su alcune manchevolezze e semplificazioni del plot, che abbondano soprattutto nell'ultima parte, facendo di Edgerton un'interessante voce nuova del contesto sub-hollywoodiano.