Rita Marcotulli. Koiné

Con Tore Brunborg, Michel Benita, Arto Tuncboyacijan,
Philippe Garcia, Anja Garbarek

Rita Marcotulli, pianista dotata di una felice vena melodica e di un tocco nitido, ricco di sfumature dinamiche e di contrasti stilistici, è tra i musicisti italiani più apprezzati a livello internazionale. Dopo l'affermazione sulla scena nazionale negli anni Ottanta, culminata con il premio di Musica Jazz come miglior nuovo talento nel 1987, dall'88 si è trasferita per quattro anni in Svezia, ha familiarizzato con il ricco panorama musicale scandinavo e ha instaurato collaborazioni con musicisti quali Palle Danielsson, Anders Jormin, Jon Christensen, Niels-Petter Molvaer. Il ritorno della pianista in Italia ha coinciso con la sua definitiva maturazione artistica e con il riconoscimento in campo internazionale, sancito in particolare dalla recente collaborazione con Dewey Redman, ma anche dallo splendido disco "The Woman Next Door", ispirato all'opera cinematografica di François Truffaut, e da altre incisioni notevoli, tra cui "Nauplìa", che la vede protagonista insieme alla vocalist Maria Pia De Vito.

Al concerto di Torbole la Marcotulli porta il risultato della suo ultimo lavoro discografico, pubblicato alla fine dello scorso anno e intitolato appunto "Koinè". Il termine, di origine greca, sta ad indicare un linguaggio comune, che si sovrappone a diversi dialetti locali e li assorbe in sé. Proprio questa è l'operazione musicale che la Marcotulli ha attuato in questa sua registrazione. Ha riunito musicisti di estrazione diversa, come il percussionista di origine armena Arto Tuncboyaciyan, la vocalist norvegese Anja Garbarek, figlia del celebre sassofonista Jan, il contrabbassista francese Michel Benita, il sassofonista scandinavo Tore Brunborg, il batterista Philippe Garcia, stabilendo un contatto diretto tra Nord e Sud, tra Oriente e Occidente. Le composizioni nate per questo progetto, seppure caratterizzate dalla inconfondibile impronta della Marcotulli, costruiscono un multiforme itinerario all'interno di quella etnia immaginaria che tanto ha coinvolto i più curiosi musicisti della scena contemporanea. Il risultato è un corpus musicale composito e ricco di colori, di stimoli, di sensibilità.