Scrivere sotto il velo a Teheran

Convegno

Le donne iraniane tra racconti e poesie e la magia della poetessa Forugh Farrokhzâd.
Presentazione del libro:
"È solo la voce che resta: canti di una donna ribelle del Novecento iraniano"
a cura di Fezeh Mardani, Aliberti editore, 2009.
In collaborazione con l'Associazione ACSA Trento, Centro Studi Euroasiatici.

Partecipano:
Bianca Maria Filippini, iranista e fondatrice di “Ponte 33” e Michela Embriaco, attrice.
Sarà allestita una vetrina bibliografica sulla storia e la società dell'Iran e sulla poesia, la narrativa e la cinematografia persiane.

Forugh Farrokhzad nasce nel 1935 a Tehran. Giovanissima, con una formazione di carattere artistico, inizia a comporre poesie e a sedici anni si sposa con un disegnatore e caricaturista. Pubblica la sua prima raccolta di poesie Asir (Prigioniera) nel 1955. Dopo una vita matrimoniale durata appena tre anni, è costretta a una difficile scelta tra la famiglia e la poesia. Farrokhzad sceglie la poesia e perde per sempre il diritto di vedere il figlio. Dopo la pubblicazione del secondo e terzo volume di poesie, in seguito al suo incontro con il regista-scrittore Ebràhim Golestàn, inizia la sua attività cinematografica. Nel 1963 pubblica la sua più importante opera poetica Tavallodi digar (Un'altra nascita). Il 13 febbraio 1967 perde la vita, a trentadue anni, in un incidente stradale a Tehran. Forugh Farrokhzad è considerata la più importante voce nel panorama poetico del Novecento persiano, e continua a essere la più seguita della poesia femminile in Iran. La sua è un'opera incompiuta al culmine della fecondità artistica. I suoi versi annunciano la nascita di una scrittura femminile spregiudicata, che racconta le esperienze intime di una giovane donna tesa ad affrontare i severi e spietati giudizi morali e religiosi della società in cui vive. Una società che, dietro l'apparente e forzata occidentalizzazione, è profondamente legata ai dettami religiosi e morali di una cultura rigidamente patriarcale