Sergio Mosna

Mostra

I PAESAGGI DI SERGIO MOSNA

La pittura di Sergio Mosna è fatta di pennellate lente, distese, ma di colori intensi, profondi. Sta in questo accostamento fra una serenità del dipingere e un contrappunto ritmato delle tinte - fra gialli arditi e azzurri placati - il fascino dei suoi paesaggi. Sono momenti di terra e di cielo che da grandi lontananze interrogano chi li osserva. Vengono incontro come amici conosciuti, e però sempre un po' imprevedibili, capaci di suscitare emozioni nelle storie che raccontano. Nelle inquietudini che sollevano.

In questa mostra alla Galleria Fogolino Sergio Mosna ha voluto proporre una rassegna antologica dei suoi lavori, lungo stagioni che l'hanno visto cercare l'arte come una meta da raggiungere, capace di avvolgere le esperienze dentro una pienezza vitale, ma al tempo stesso di interrogare i colori, perché ne esprimano tutte le sfumature. Anche per questo i paesaggi di Sergio Mosna, dietro l'apparente tradizionalità, appaiono spesso "metafisici", non tanto e non solo perché egli, nella sua giovinezza, ha conosciuto, frequentato e studiato Carrà, quanto perché i suoi paesaggi si staccano dal tempo, recuperando uno spazio immobile. Ma è uno spazio interiore o assolutamente, quasi scientificamente distaccato? È del tramonto o dell'alba quella luce che tutto sovrasta? Imprigiona le cose o le libera? Difficile rispondere. Sembra piuttosto la luce di un destino cui non si può sfuggire.

Peraltro, se di "metafisica" si tratta, la cifra è postmoderna, non postfuturista. I paesaggi di Mosna, infatti, sono una rinascita dopo infiniti temporali lontani, dopo tragedie di cui solo il cielo giallo serba traccia. Sono un mondo che incomincia a vivere daccapo, che si muove fra trattenute tensioni, che esplora antichi e nuovi confini fra la pianura e la collina, fra i primi piani "formali" fatti di case, di alberi, di siepi (mai di uomini, tutti fuggiti o scomparsi) e la lontananza di una pianura immensa, irraggiungibile come un miraggio. Cosa c'è dietro? Chi arriverà da quel vuoto che si intuisce essere popolato di mille suggestioni? Forse di sogni mai raggiunti? A volte par di trovarsi dentro un fondale da deserto dei tartari, che sarebbe piaciuto a Dino Buzzati. Da dove arriva il nemico? Ma c'è poi un nemico? O il nostro nemico siamo noi stessi?

I colori sono intensi, arditi, a volte sembrano grida di cielo, altre volte (come nei più recenti paesaggi trentini, i laghi di Toblino, Caldonazzo, Canzolino, ma anche in questi casi c'è la ricerca di un orizzonte di luce) acquistano una cordialità più netta. Ciò che più colpisce, nelle tele è però il respiro grande, profondo che comunicano. Anche le nature morte, le ninfee, i fossi coperti di neve, gli ulivi azzurri respirano: e diventano quindi compagni di una gita, di una passeggiata, di una riflessione restituendo al paesaggio la sua vera funzione, che non è quella di rappresentare un pezzo di mondo, ma di indicarlo come potenzialità da raggiungere: lì in fondo, lontano, c'è pure, deve esserci un luogo dove vivere. La pittura di Sergio Mosna è semplicemente questo: trovare un pezzo di vita interiore, nell'uomo, capace di armonia con una natura lontana, spesso estranea, mai però ostile. Da quelle lontananze un nuovo mondo può anche rinascere daccapo.
Franco de Battaglia


organizzazione: Galleria d'Arte Fogolino