Sinfonia Eroica

Danza

Oriente Occidente 2006
Danza

Compagnie Michèle Anne De Mey Belgio
Sinfonia Eroica
Coreografia di Michèle Anne De Mey
Prima nazionale

Coreografia Michèle Anne De Mey
Assistenti alla coreografia Grégory Grosjean, Johanna O’Keefe
Scenografia Michel Thuns
Luci Simon Siegman
Costumi Isabelle Lhoas, Frédéric Denis
Musica Wolfgang Amadeus Mozart, Bastiano e Bastiana, Ludwig Von Beethoven, Sinfonia Eroica, Controdanza n.7, variazioni sull’Eroica, Jimi Hendrix
Danzatori Stefan Baier, Géraldine Fournier, Ilse Ghekiere, Gabriella Iacono, Mylèna Leclercq, Adrien Le Quinquis, Eléonore Valére, Gabor Varga, Sandy Wiliams

Prodotto da Charleroi/Danses, Centre chorégraphique
de la Communauté française

durata 80 minuti

L’intervento di un paso doble, musica di corrida e di un riff di chitarra di Jimi Hendrix serve a demistificare con una distanza aggraziata la pomposità dell’eroismo e delle sue marce trionfali e forse a metterci in guardia dei grandi ideali regolarmente sconfitti nel tramestio della vita...

Ricordiamo la belga Michèle Anne De Mey, autrice della Sinfonia Eroica numero due, negli anni Ottanta, quando leggera ma tutt’altro che fragile evolveva nel magnifico Fase: duetto minimalista e ripetitivo di Anne Teresa De Keersmaeker. Era il 1982 e Michèle era l’alter ego biondo e solare della introversa e bruna Anne Teresa, a cui resterà vicina per molto tempo, anche per incrementare i rapporti artistici che sarebbero intercorsi tra la De Keersmaeker e Thierry De Mey, il suo già celebre fratello musicista. Nel frattempo lei – che, come Anne Teresa e la nostra Adriana Borriello, si era formata al Mudra di Bruxelles, chez Maurice Béjart – aveva anche tentato le prime coreografie. Passé Simple, Ballatum, Face à Face (quest’ultima del 1986) godettero di una certa fortuna, anche se all’epoca era ancora difficile distinguere il suo segno coreografico da quello dell’amica, compagna di strada e capogruppo del femminile Rosas. Poi giunse l’occasione di un vero distacco artistico, quando, nel 1990, Michèle decise di buttarsi a capofitto in un monumento della musica beethoveniana come la Sinfonia Eroica per scandagliarne i segreti. Lo fece con tale passione e con tanto rigore (sotto l’occhio vigile di Thierry) da guadagnare per sé e i sei danzatori che aveva riunito un plauso che decise di non sprecare. Così nello stesso anno fondò la sua compagnia e iniziò a veleggiare con il vento in poppa.
Nel milieu della danza belga e fiamminga, sempre più affollato di coreografi provenienti dalle più diverse discipline, si era affacciata una coreografa dalla danza limpida e forte, venata di sfumature evocative quando non narrative, e dall’impalpabile grazia e ironia, caratteristiche forse più francesi che non belghe.

Delle quindici creazioni, realizzate in dieci anni d’attività, tra cui Chateaux en Espagne (1991), Cahier (1995), Pulcinella e Love Sonnets (1994), Utopie (2001), Raining Dogs (2002), alcune come Love Sonnets, 21 Études à Danser e il vecchio Face à Face furono trasfigurate in film proprio mentre la coreografa, sempre attenta al rapporto con la musica, iniziava e sviluppava un lavoro pedagogico (ad Amsterdam, all’Inals di Bruxelles e al CNDC di Angers) culminante in un laboratorio creativo per bambini e, in tre anni, nella realizzazione per Bruxelles/Brussel 2000 di Sacre en Couleurs. L’attività pedagogica di Michèle deve aver contribuito a epurare il suo lavoro, a renderlo più semplice e diretto, come intelligentemente semplici e diretti sono i deliziosi 12 piccoli valzer (12 Easy Waltzes) che ha creato e danzato insieme a Grégory Grosjean nel 2005 a Charleroi/Danses, il Centre Chorégraphique de la Communauté française di cui nel frattempo è diventata co-direttrice. Ma ora Michèle Anne De Mey è ritornata sui suoi passi, come non di rado accade anche ai coreografi: ha ripreso Sinfonia Eroica, creata sedici anni or sono, con un nuovo gruppo di danzatori per ripercorrere, dice, “lo stesso cammino di allora, senza la preoccupazione di attualizzarlo”.
Perché lo ha fatto? Principalmente – a suo dire – perché Sinfonia Eroica “la” rappresenta più di qualsiasi altro spettacolo che abbia creato, perché stigmatizza il suo modo di accostare alla musica una drammaturgia e di slittare dal movimento puro all’evocazione; perché mette in campo il trascolorare della gioia in dolore, della danza in immobilità. Infine perché “quello spettacolo irradiava dal gruppo alla scena un’energia particolare, un’innocenza e leggerezza quasi magiche che ho voluto provare a ritrovare”. Ma veniamo ai fatti. Sinfonia Eroica si basa sulla terza sinfonia di Beethoven, l’Eroica (1803), e le linee della danza si sposano alle linee musicali del capolavoro del musicista di Bonn ma non solo. La coreografa (sempre complice Thierry De Mey) ha accostato questo Beethoven a un giovanile Singspiel di Mozart, Bastiano e Bastiana, e ne ha estratto l’ouverture che viene ripresa come leitmotiv tenendo conto anche del suo libretto: ossia della sofferenza della pastorella Bastiana che chiede l’intervento del mago Colas per arginare la fuga dall’idillio campestre di Bastiano, ottenendo da lui una cerimonia magica che la ricongiunge all’amato.
Naturalmente la De Mey non ha seguito per filo e per segno la parodia del famoso Devin du Village di Rousseau, che Mozart compose nel 1758, ma si è ispirata ai suoi temi musicali e ai dialoghi di Bastiano e Bastiana per evocare l’eterno rapporto di seduzione tra uomo e donna, l’eterna girandola dell’unione e separazione e l’intervento di un “terzo incomodo”, che non è più il mago mozartiano bensì l’estraneo, il viaggiatore, anzi l’eroe di turno che si contrappone al gruppo e lo “salva”. La figura dell’eroe in particolare è trattata in senso letterale e confacente all’Eroica – che come noto fu inizialmente dedicata a Bonaparte – ma anche nell’antinomia dell’anti-eroe che non salva gli altri ma se stesso a forza di sopportare la banalità del quotidiano. Così eroi pubblici e anti-eroi privati si muovono in questo spettacolo gioioso di amori solventi anche nell’assetto scenico, ove spesso si passa dalla vertigine dell’altezza alla fluidità dell’acqua. L’intervento di un paso doble, musica di corrida e di un riff di chitarra di Jimi Hendrix serve a demistificare con una distanza aggraziata la pomposità dell’eroismo e delle sue marce trionfali e forse a metterci in guardia dai grandi ideali regolarmente sconfitti nel tramestio della vita.

Marinella Guatterini


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