Soirée de flûte
Festival Musica '900
Percorsi francesi del post-romanticismo
Concerto in collaborazione con: Università di Trento, "Facoltà di Lettere e Filosofia"
FEDERICA LOTTI, flauto
MAURO CASTELLANO, pianoforte
ANDRÉ CAPLET
Reverie et Petite Valse (1897)
ERIC SATIE
"Je te veux", Valse per pianoforte (1900)
CLAUDE DEBUSSY
Syrinx per flauto solo (1913)
DARIUS MILHAUD
Sonatina op. 76 (1922)
Tendre - Souple - Clair
ALBERT ROUSSEL
Joueurs dejlute op. 27 (1924)
Pan - Tityre - Krishna - Monsieur de la Péjaudie
******
GERMAINETAILLEFERRE
Forlane (1973)
FRANCIS POULENC
Sonata (1957)
Allegro malinconico, Cantilena, Presto giocoso
OLIVIER MESSIAEN
Le merle noir (1951)
ANDRE JOLIVET
Chant de linos (1944)
Federica Lotti si diploma con M. Fabbriciani presso il Conservatorio "Cherubini" di Firenze, cominciando subito una brillante attività concertistica. Si perfeziona con Gazzelloni, Klemm, Marion, Artaud. Ha vinto numerosi concorsi tra cui: Cesena, Stresa, Briccialdi di Temi. Come solista ha suonato con orchestre italiane e straniere quali la RAI di Roma, di Lublino in Polonia, la Galuppi di Venezia. Sensibile alle nuove tecniche, si dedica anche al repertorio contemporaneo usando tutti gli strumenti della famiglia del flauto. Nella prossima primavera andrà negli Stati Uniti, invitata dalla Northern Texas University di Denton. Docente al Conservatorio "Marcello" di Venezia, tiene regolarmente corsi estivi.
Mauro Castellano si diploma con W. Ferrato presso il Conservatorio di Genova. Ha suonato per alcune delle più prestigiose istituzioni musicali italiane ed estere, tra le quali la Biennale di Venezia, il Festival di Brescia e Bergamo, i Festival di Linz, Praga, il La Mama Experimental Theatre di New York, i Monday Evening Concerts di Los Angeles. Considerato fra i più interessanti strumentisti-compositori della sua generazione, è stato invitato ad importanti rassegne e festival internazionali. Ha inciso per Ricordi, Wergo, Diapason. È docente presso il Conservatorio "Paganini" di Genova e maestro sostituto presso il Teatro dell'Opera Giocosa di Savona.
In Francia, all'inizio del '900, l'esigenza di prendere le distanze dalla grande eredità romantica ottocentesca si avvertì più che nei paesi di lingua tedesca, in quanto corrispose in larga misura a un pressante bisogno di affermare un'identità musicale autenticamente francese. Debussy aveva individuato nuove vie di emacipazione dal wagnerismo imperante nella cultura mitteleuropea tardo-ottocentesca, ma non aveva messo in discussione fino in fondo la centralità del soggetto: la fase simbolistica della sua estetica affondava le radici nel decadentismo europeo, che eleggeva ancora Wagner a proprio ideale di musicista. André Caplet seguiva un percorso parallelo a quello di Debussy; il titolo Reverie et Petite Valse (1897) evoca uno dei più frequentati topoi dell'immaginario impressionistico: il sogno.
Il Gruppo dei Sei - espressione emblematica della spregiudicatezza di quella generazione - proclamava un'arte anti-individualista e riuniva impressionismo, decadentismo, debussysmo, wagnerismo in un unico oggetto da rigettare, in quanto frutto degenerato del soggettivismo romantico. La Sonatine op. 76 per flauto e pianoforte di Milhaud (1922) sembra realizzare in modo paradigmatico tutte le dichiarazioni d'intenti espresse da J. Cocteau, mentore intellettuale dei Sei, nell'opuscolo intitolato Le coq et l'Arlequin (1918). Ma dietro alla composizione di Milhaud si cela un altro mentore: Erik Satie, il paladino della semplicità, del rifiuto di ogni espressione sentimentale, il nemico giurato di ogni forma sacrale dell'arte. Ma non mancava in Francia chi vedeva nella continuità col passato un investimento più promettente per il futuro: A. Roussel. In Joueurs de flute op. 27 (1925) i 4 movimenti sono dedicati ai quattro fra i più grandi flautisti e didatti dell'epoca (Moyse, Blanquart, Fleury e Gaubert) associati ad altrettante figure mitologiche o letterarie di auleti: il dio greco Pan, Tityre (il pastore delle Egloghe di Virgilio), il dio indiano Krishna e Monsieur de la Péjandie, un flautista immaginario che compare nel romanzo La pécheresse di Régnier. La sinuosa e ricca improvvisazione del flauto nel primo dei quattro quadri può essere letta come un riferimento ideale aSyrinx di Debussy. Ma l'ingenuo entusiasmo dei Sei, doveva rivelare il suo carattere effimero con la crisi che colpì la Francia intorno agli anni Trenta. Dei Sei, alcuni scomparirono quasi del tutto dalla ribalta musicale: per Durey, Auric e Tailleferre il tempo sembrò fermarsi in quel punto. La F orlane per flauto e pianoforte di Tailleferre (1973) rivendica, con il suo garbato neobarocco stile anni Venti-Trenta, la legittima appartenenza alla categoria del 'gradevole'.
Nel panorama indistinto di ciò che oggi si definisce 'neoclassicismo' Poulenc fu forse l'unico in grado di proporre un'alternativa convincente. Egli aveva smesso i panni dell'enfant terrible per assumere un atteggiamento più riflessivo nei confronti del passato, venato al contempo di nostalgia e ironia, spirito che permea la tardiva Sonata per flauto e pianoforte del 1957. Tuttavia il riferimento ideale è il razionalismo di matrice neoclassica; in reazione a questa tendenza i componenti del piccolo cenacolo (Baudrier, Lesur, Jolivet e Messiaen) auspicavano il ritorno all'istinto, all'emozione, come antidoto contro la disumanizzazione. Jolivet e Messiaen coniugarono le componenti metafisiche, simboliche ed esoteriche insite in questo nuovo orientamento irrazionalista con un profondo spirito di ricerca nell'ambito del linguaggio musicale. In Messiaen l'attitudine naturalistica dà luogo ad approfonditi studi sul canto degli uccelli, che costituiranno una solida base del suo metodo di composizione: Le merle noir per flauto e pianoforte (1951) ne offre un esempio esplicito. L'aspetto mistico ed esoterico si esplica nelle complesse combinazioni numeriche che regolano ritmi e altezze, alle quali si associano suggestioni derivanti dai ragàs indiani e da figure metriche e prosodiche tratte dall'antichità classica. Jolivet, invece, sembra collegarsi più riconoscibilmente alla corrente 'arcaico-esotistica' di certo neomodalismo debussyano e raveliano. In Chant de Linos (1944) riemerge l'antichità classica come fonte di ispirazione, sulla scia della grande tradizione simbolista. Come afferma il compositore stesso, "il Chant de Linos era, nell'antichità greca, una varietà di thrènos: un lamento funebre, un pianto interrotto da grida e danze".
organizzazione: Associazione Incontri Internazionali Musica Contemporanea a Trento - Provincia Autonoma di Trento, Regione Trentino-Alto Adige, Comune di Trento