Sonia Zaffoni espone in Cantina
La natura mutevole
L’autunno è il fluire di un viaggio che prepara alle terse visioni invernali. Un alito tiepido percorre lo spazio astratto del tempo dove il terreno ricoperto di fogliame misto rispecchia l’ammucchiarsi di pensieri prorompenti e disordinati. È dunque una stagione interiore quella proposta da Sonia Zaffoni, che
ha al suo attivo numerose esposizioni personali e collettive, anche all’estero, con ottimo successo di pubblico e critica. Tra le varie premiazioni e riconoscimenti, l’anno scorso ha vinto il premio «Art&Immagini città di Trento» per la sezione “pittura” con l’opera “Stazione” al concorso delle Feste Vigiliane.
I lavori, tutti in movimento, proposti dalla pittrice roveretana hanno come comune denominatore il vento, un moto che cattura e lega alla fisicità dei luoghi: nei boschi, nei campi e tra i filari, perdersi diventa qualcosa di inevitabile e concreto.
«È nel rapporto energetico tra uomo e natura, che Sonia Zaffoni fonda la sua arte – scrive Scudiero - La sua è una pittura che muove da lontano, appunto dall’idea di “fisicità” che lei stessa ha sempre vissuto sulla pelle, essendo cresciuta in un paesino a pochi chilometri da Rovereto immersa in una natura spesso battuta dal vento specie nei mesi autunnali e invernali. Quel vento che generava vortici con le foglie delle vigne, che scompaginava cespugli, che faceva sbattere le imposte o portava via i cappelli e aggrovigliava i capelli e persino i pensieri.
Un elemento del tutto naturale – continua Scudiero - che Sonia ha saputo metabolizzare e trasferire in un segno fortemente dinamico e originante. Originante perché “quel” vento è divenuto un segno dinamico e cromaticamente morfo-genetico, perché traccia delle linee, delle direzionalità, sulle quali si coagula la materia, e si costituisce in forme che sono allo stesso tempo delle non-forme, ma piuttosto delle visioni trasfigurate da questo movimento, o meglio da questa “vibrazione” che impone loro appunto l’energia che Sonia ci mette nella sua azione fortemente gestuale e che, quale risultato finale, conferisce alle sue opere un’aura quasi onirica, ovvero trasognata entro la quale la forma c’è, ma allo stesso tempo sembra anche ne sia solo la sua “permanenza ottica” cioè di un “che” che se n’è già andato…»
Queste opere sono istantanee vitali che raccontano, attraverso l’esperienza del quotidiano, lo scorrere del tempo fra gioie e tensioni, moti di libertà e inquietudini. Alla continua ricerca di un equilibrio, l’artista cade e si rialza e come un'acrobata sul filo della vita racconta delle sue vertigini tra la paura del vuoto e la gioia di vivere.
Ingresso libero.