Storie di calcio e potere nell'URSS di Stalin

Convegno

Mercoledì 16 novembre, alle 17,30, a Trento, nella Sala dell’Aurora di Palazzo Trentini (via Manci 27) il Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale organizza un incontro-dibattito su "Storie di calcio e potere nell’URSS di Stalin"

Carlo Martinelli discute con Mario Alessandro Culetto del suo libro Spartak Mosca (Il Melangolo).
Introduce Fernando Orlandi.

Mario Alessandro Culetto insegna Lingua e Cultura russa presso l'Università di Genova. Ha tradotto numerosi testi dal russo per vari editori. Collabora al settimanale Il diario. È un grande esperto di calcio e tifoso dello "Spartak".

Lo Spartak Mosca è conosciuto da tutti gli appassionati di calcio, una delle più importanti squadre dell’Unione Sovietica e dopo il 1991 della Russia. Ha giocato spesso nei principali tornei internazionali. Ma la squadra non si è trovata solo nell’agone sportivo, lo Spartak Mosca è stato coinvolto in incredibili quanto tragiche vicende. Mario Alessandro Culetto ci narra, con precisione storica e divertito gusto del racconto, una storia di sport e di politica, facendoci conoscere un aspetto pressoché inedito della storia dell’URSS.
Lo Spartak Mosca era l’unica squadra sovietica a godere di un autentico e profondo seguito popolare, non limitato alla capitale ma diffuso capillarmente in tutto il paese.
La squadra era “nata dal basso”, in un quartiere operaio moscovita, la Presnja, in cui “le famiglie in genere erano numerose e i ragazzi non ancora in età da lavoro trascorrevano la maggior parte del tempo in strada, dove le zuffe erano sempre all’ordine del giorno”. Il futuro Spartak, in realtà, sarebbe per certi versi la conseguenza di queste risse che, nella Mosca di inizio Novecento, acquisirono presto una forma - per così dire - ritualizzata: ogni domenica i “combattenti” della Presnja si battevano ferocemente con quelli del vicino quartiere Dorogomilov. A queste tenzoni partecipavano anche i fratelli Starostin, futuri pilastri della celeberrima squadra di calcio.
Di lì a poco nasce alla Presnja la società sportiva che conosce un successo immediato. “La fama del club appena nato e già sorprendentemente vincente superò l’ambito sportivo per divenire una sorta di fenomeno di costume, tanto da meritarsi un estemporaneo epinicio futurista di Vladimir Majakovskij”.

Nel 1936, Nikolaj Starostin, senza dubbio il giocatore di maggior spicco, abbandona il calcio agonistico per diventare direttore responsabile dell’intera società Spartak Mosca. Sono i giorni in cui la squadra riceve una vera e propria “benedizione dall’alto”: il 6 luglio 1936, “Giornata della cultura fisica”, lo Spartak viene incaricato di esibirsi nientemeno che nella Piazza Rossa di fronte a Stalin.
Mentre in Unione Sovietica infuriano le “purghe”, iniziano a manifestarsi alcuni segnali preoccupanti. Lo Spartak si scopre attaccato da alcuni articoli che accusano i suoi giocatori di compiacersi dello stile di vita borghese, indicando nei fratelli Starostin la fonte di tale “corruzione dei costumi”.
La fine della buona sorte per i fratelli Starostin arriva quando Berija succede a Ezov alla guida dell’NKVD, diventando allo stesso tempo presidente onorario del rivale club Dinamo, che la sua carica necessariamente implicava. Una carica che Berija, ex calciatore ed in passato occasionale rivale sportivo di Nikolaj Starostin, occupò in modo niente affatto simbolico, utilizzando, per spingere la “sua” squadra, anche strumenti decisamente poco corretti.
L’arresto per i quattro fratelli Starostin arriva alla fine nel marzo 1942. Vengono portati alla Lubjanka, dove passano mesi in isolamento assoluto, mentre si susseguono interrogatori e pratiche di tortura progressivamente sempre più aspre. Alla fine i quattro vengono condannati a dieci anni di lavoro forzato per “propaganda dello sport borghese”. Nel Gulag scoprono che si gioca a football e che si disputava un campionato a cui partecipavano anche squadre di città sedi di gulag. Per ogni comandante rappresentava un motivo d’orgoglio particolare schierare una formazione agguerrita.
Avere uno Starostin era – ovviamente - un privilegio notevole. In mezzo agli orrori dei campi, i quattro sportivi potranno godere di condizioni di vita relativamente migliori degli altri detenuti-schiavi e in alcuni casi finiranno per essere l’oggetto della contesa tra comandanti di diversi lager. Nikolaj, in particolare, si troverà in mezzo ad un vero scontro tra Vasilij Stalin (il figlio del dittatore), anche lui direttore di una squadra di calcio legata all’aviazione, e l’NKVD del suo nemico personale, Berija.
Arrestato quest’ultimo dopo la morte di Stalin nel 1953, “per la giustizia sovietica il caso Starostin” si chiude definitivamente il 9 marzo 1955, con l’annullamento della precedente sentenza di condanna.

Recensione >>


organizzazione: CSSEO Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale