Storie e prospettive di un luogo moderno

Convegno

La prossima chiusura di Manifesta 7, la biennale europea di arte contemporanea che giorno dopo giorno vede consolidarsi non solo la grande attenzione degli addetti ai lavori, ma anche un crescente interesse da parte del pubblico (testimoniato domenica scorsa dal successo dell’iniziativa “per le famiglie”), è anche l’occasione per riaprire il dibattito sull’uso e la destinazione del Palazzo Sede delle Poste di Trento che è, fino al 2 novembre, una delle sedi di Manifesta.
E “Storie e prospettive di un luogo moderno” è il tema dell’incontro in programma venerdì prossimo, 17 ottobre, alle ore 15.00, proprio nella Sala delle colonne del Palazzo delle Poste in via SS. Trinità a Trento.
Relatore sarà Fabio Campolongo della Soprintendenza per i Beni architettonici della Provincia autonoma di Trento. Saranno presentati gli studi condotti dalla Soprintendenza in occasione dei lavori di allestimento della biennale europea di arte contemporanea ed in occasione della sistemazione degli uffici postali di piazza Vittoria.

Come ricorda l’assessore alla cultura della Provincia autonoma di Trento, “come cento anni fa la città è chiamata ad interrogarsi sul futuro di questo luogo, sul suo auspicato restauro e sugli usi consentiti dalla necessità di conservare e valorizzare una delle testimonianze più complesse dell’architettura del Novecento in Trentino”. .
Come sottolinea l’architetto Campolongo, il Palazzo delle Poste di Trento, progettato da Angiolo Mazzoni nel 1929, riconfigurò in forma di nuovo isolato urbano l’ottocentesco palazzo postale astroungarico ed i “frammenti” della rinascimentale Casa Geroldi a Prato. Ne risultò un complesso articolato di funzioni, luoghi, architetture e ambienti, con opere, ora in parte perdute, di Depero, Prampolini, Tato (Guglielmo Sansoni), Bonazza, Pancheri, Zuech, Ticò. Con uno straordinario lavoro di alta sartoria, Mazzoni selezionò le preesistenze, ricompose frammenti, tesse trame di percorsi che legano insieme parti sempre distinte e riconoscibili. Le foto degli anni Trenta scattate da Perdomi e Unterveger documentano un’architettura di stratificazioni artefatte, luogo di compresenze dove convivono in armonia e contraddizione storicismi, arcaismi, modernismi, in una collezione di frammenti e citazioni. Fu un cantiere di restauro dove conservazione, trasformazione ed invenzione si arricchirono reciprocamente e dove il Rinascimento dell’ “Età moderna” ed il moderno “Novecento” si confrontarono. Ridisegnato dal “tempo”, dagli incendi e dall’efficienza asburgica, “riplasmato” da Mazzoni e solo parzialmente alterato dalle recenti riorganizzazioni funzionali e societarie, il Palazzo è “manifesto” della capacità che ha l’arte di trasfigurare. La città ed i suoi amministratori sono oggi chiamati ad interrogarsi sul possibile riuso di quello che per carattere è un “palazzo pubblico”. Nel corso dei recenti lavori di sistemazione degli uffici postali ed in occasione dell’allestimento di Manifesta 7, è stata documentata la sorprendente sequenza cromatica degli ambienti interni. Ai “futuristi” rossi, ocra, blu, verdi, marroni e tinta alluminio stesi su porte e pareti, si affiancarono le eterogenee opere degli artisti degli anni Trenta. Nella Trento “redenta” dal primo conflitto mondiale, gli intonaci esterni color azzurro sabaudo risultarono più forti di ogni tricolore.
“Senza nostalgia per il passato – dice l’architetto Campolongo - auspichiamo il ritorno del colore, per rispetto dell’arte e per l’indubbia eleganza di quella scelta autobiografica negata dal triste grigiore attuale”.
Ricordiamo che in collaborazione con Manifesta 7 la Soprintendenza per i Beni architettonici ha allestito “Per il ritorno del colore”, una sala sulla storia della sede trentina. La sala, che conclude il percorso di visita è allestita a piano terra e rimarrà aperta sino al 2 novembre.


organizzazione: P.A.T. Soprintendenza per i beni architettonici