Tendenze e controtendenze. Opere dalla Collezione Permanente del Mart

Mostra

A cura di: Gabriella Belli

“Tendenze e controtendenze” conduce il visitatore attraverso un excursus nelle diverse correnti artistiche internazionali che si sono confrontate con un'astrazione priva di alcun riferimento iconografico.

L’azzeramento della figurazione è al centro della pittura informale, qui documentata in tutte le sue diverse declinazioni: da quella lirico-pittorica di Afro, Tancredi, Jean Paul Riopelle ed Emilio Vedova, a quella segnica di Carla Accardi, Giuseppe Capogrossi, Hans Hartung e Antonio Sanfilippo, alla ricerca sui materiali di Giuseppe Uncini e Antoni Tàpies.

Le opere di questi ultimi artisti possono anche essere lette come una risposta italiana al Minimal e al New Dada di Robert Morris e Robert Rauschenberg. Ne emerge in ogni caso un panorama caratterizzato da un totale azzeramento della figura, che per contrasto si riaffaccia invece già nelle sale successive. Nelle opere di Gastone Novelli appare il tema della scrittura, con elementi grafici riconoscibili inseriti in tele dall’impianto che resta complessivamente astratto.

Dalla negazione assoluta del figurativo si passa quindi alla possibilità di una “lettura” all’interno dell’opera. Un segnale di cambiamento – destinato ad avere interessanti sviluppi in futuro – che documenta la voglia della pittura di ridefinire un proprio spazio autonomo.

Il lirismo onirico e surreale di Osvaldo Licini e soprattutto di Fausto Melotti, di cui sono presenti in mostra ben quattordici opere, è al centro di una sala che propone il tema dell’introspezione come snodo verso un’arte radicalmente esistenziale.
Le sculture di Melotti si offrono allo sguardo come non-sculture, e addirittura come non-forme. Sottili, precarie e diafane, opere come “Trasparenze” (1975), rinunciano alla forma ma in compenso rimettono in gioco nella scultura il colore e la carica simbolica.

Nel teatrino, sempre di Melotti, intitolato “Sonno di Wotan” (1958), il tema non è tanto il sogno quanto appunto il sonno generatore di mostri. Si tratta di un’opera che comunica un senso di angoscia, di intrappolamento e di introspezione, temi strettamente legati al pensiero esistenzialista.
Il “Sonno di Wotan” è quindi proposto come una soglia che collega il percorso dell’arte italiana al dibattito intellettuale europeo: nella sala successiva è infatti presentato l’azionismo viennese di Hermann Nitsch e di Arnulf Rainer. La pittura-performance di Nitsch, fatta di ritualità e sangue, spinge l’introspezione fino a sperimentare sul proprio corpo il desiderio di redenzione e rigenerazione rispetto all’eredità di dolore della guerra nazista.

La presenza in questa sala di “Kojotenfalle” (1999), una gabbia per coyote di Andreas Slominski, richiama la fascinazione per lo sciamanesimo di Joseph Beuys e suggerisce la possibilità di una continuità, negli artisti tedeschi delle generazioni successive, dei temi dell’introspezione esistenziale.
In questo senso un elemento di continuità è evidente anche nelle opere, presenti nelle sale successive, di Anselm Kiefer e Christian Boltanski. Con la fondamentale differenza che la presenza dell’Olocausto, in opere come “Am anfang” (2003) di Kiefer e “Autel Lycée Chases” (1989) di Boltanski, è non soltanto presente, ma anche esibita a livello formale, attraverso l’uso della scrittura e della fotografia. Il tema della rigenerazione non è venuto meno, ma l’elaborazione operata nel frattempo rende possibile affrontare anche quello della memoria che evidentemente era escluso, per questioni di urgenza espressiva, dall’orizzonte degli artisti attivi negli anni Sessanta e Settanta.

La sezione finale del percorso presenta alcuni inediti per il pubblico del Mart. Si tratta di venti opere recentemente acquisite grazie a un deposito della AGI Verona Collection. Gli artisti selezionati – il già ricordato Slominski oltre a Stefano Arienti, Mario Airò, Maurizio Cattelan, Berlinde De Bruyckere, Roni Horn, Gabriel Orozco, Rob Pruitt, Julius Rolf, Luca Vitone, Chen Zhen – sono espressione di un mondo globalizzato che tende a sfuggire all’inquadramento in categorie circoscritte. Tuttavia, il percorso espositivo chiarisce che anche la produzione artistica di fine secolo non può prescindere da un confronto con il tema della guerra, o meglio dei conflitti.
“Islam” (1994), di Luca Vitone si interroga sull’attualità dei conflitti religiosi; “Untitled (Arctic Fox)” (2000), di Roni Horn è un’opera ispirata al tema dell’ecologia, mentre “AC Forniture Sud” (1991), di Maurizio Cattelan mette in scena con un’immagine di grande impatto la violenza di un razzismo che nelle società contemporanee si esprime con i modi della normalità e della banalità.


organizzazione: Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto