Tra storia e memoria... La Valle d'Ambiez

Mostra fotografica

Ricerca fotografica di Floriano Menapace

“(Le Alpi) hanno in genere un che di inquieto, di casuale, una mancanza di unità formale vera e propria, per cui risultano difficilmente sopportabili per tanti pittori che guardano la natura dal solo punto di vista della qualità della forma…” afferma in uno dei suoi saggi estetici del 1911, un secolo fa, Georg Simmel, per sottolineare il fatto che la montagna alpina risulta incomprensibile non solo all’artista ma anche al visitatore senza uno sforzo di trasformazione del suo isolamento insensato in un corpo unitario.
La comprensione dello spettacolo naturale è d’altronde condizione essenziale per un godimento estetico che escluda il mero consumismo e faccia leva sull’avvicinamento al sentimento umano. Questo è tanto più vero in una mostra fotografica come quella di Floriano Menapace, dedicata alla Valle dell’Ambiez e incentrata appunto sul suo complesso rapporto con le tracce umane, i sentieri, le mulattiere, i capitelli, le malghe, i masi, i ponti, i rifugi, aventi sempre sullo sfondo la mitica e unica valle d’Ambiez.
Parlare della valle d’Ambiez significa addentrarsi nell’intimo del Gruppo dolomitico del Brenta, da poco dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, per coglierne gli aspetti fondamentali del paesaggio in rapporto all’uomo.
Anche se è incerta l’origine del toponimo -Ambiez- sicuramente la valle che dalla confluenza del corso d’acqua nel Sarca sale fino alla quota 3173 della Cima Tosa è una valle storica, che ha avuto a che fare a diverse riprese con la storia e la comunità del Banale. Chiamata a suo tempo anche “Valle di Andogno” per la vicinanza con l’antica villa orsinese, la Valle d’Ambiez è ricca di significati ancora oggi appetibili da parte della Mezza Pieve del Banale verso Castel Mani, il Banale Interiore delle storiche Nove Ville meglio conosciute come Comun grande. Una storia che si dipana dall’antichità fino all’ Edicola sacra del cacciatore, opera del compianto scultore don Carnessali, presso il rifugio “Al Cacciatore”.
Valle dei buoni pascoli oppure valle dei molini, essa ha sempre avuto un particolare rapporto con le popolazioni che la hanno prima “scoperta”, poi frequentata, percorsa, scalata, in poche parole “vissuta”: contadini, allevatori e malghesi, escursionisti, scalatori si sono dati la mano vicendevolmente per conoscere ed amare la valle.
Purtroppo talvolta il rischio può condurre al pericolo più grave per l’incolumità, ciononostante il rapporto tra ambiente montuoso e uomo non viene meno, anzi risulta rinforzato e quasi corroborato, come accade a chi frequenta queste cime dolomitiche e questa valle in particolare.
La mostra fotografica, trenta fotografie in bianco/nero di Floriano Menapace, un uomo della nostra terra perché cresciuto in giovane età a San Lorenzo in Banale e legato quindi da numerosi ricordi giovanili proprio alla Val d’Ambiez, mette in luce una tecnica consumata e di rara perfezione. Ideatore dell’Archivio Fotografico Storico della Provincia Autonoma, studioso di storia e critica della fotografia, Floriano Menapace è dal 1968 anche attivo fotografo in bianco/nero.

Menapace rifiuta l’immagine edulcorata e oleografica della “cartolina” e allo stesso tempo l’immagine volutamente dissacrante del paesaggio-spazzatura: usa lo strumento fotografico con lucida capacità indagatrice, scruta nelle caratteristiche fisionomiche della persona-paesaggio, alla ricerca di un carattere che la fisionomia può rivelare, alla ricerca delle tracce lasciate dal passaggio umano, delle sue impronte, come afferma il prof. Renato Bocchi dell’Università di Venezia.
Nelle sue ricerche e interpretazioni del territorio, sfociate in numerose mostre e pubblicazioni, non poteva prima o poi non imbattersi nel “suo” territorio, quello della sua giovinezza e formazione. In questa prospettiva gli siamo estremamente grati per aver scelto questo momento per il suo “ritorno” alla terra della giovinezza, il momento dell’apertura dello spazio espositivo comunale della “Casa dei Osèi” di San Lorenzo in Banale, unitamente alla sede del Centro Studi Judicaria a Tione di Trento.


organizzazione: Centro Studi Judicaria